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Abbazia di Rosazzo, 21 maggio 2006

S.Messa nel quadro delle manifestazione "Rosazzo da Rosa"
organizzata dai volontari dell'Associazione "Per Vetren"
con la partecipazione di S.E.Galaktion e tre dignitari ortodossi bulgari

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All'inizio della Messa, don Dino ha illustrato la particolarità della cerimonia
e presentato le persone presenti nel presbiterio...

Sono poi intervenuti:
--- il discendente di emigranti friulani, che ha riportato a Rosazzo la rosa autoctona andata persa nella grande gelata del 1929;
--- la coppia (lui cattolico lei ortodossa), che prossimamente si uniranno in matrimonio a Rosazzo;
--- mons. Galaktion, che come don Dino, sogna la riunificazione delle due chiese (cattolica e ortodossa) divise da oltre mille anni.


...omelia di don Dino e canto per la benedizione del pane da parte della delegazione bulgara...
    


...presentazione del pane benedetto (confezionato come ogni anno dal panificio Devoti di Orsaria)...


...che alla fine della cerimonia sarà portato nel chiostro, tagliato a pezzettini e distribuito a tutti i presenti...

...mezz'ora più tardi, pranzo in fraternità nella "riscoperta" panoramica ala del belvedere mai utilizzata prima...

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Abbazia di Rosazzo

     La storia di Rosazzo è avvolta nella leggenda, ma disponiamo anche di certezze. Nel 960 giungono dalla Lombardia i monaci regolari di Sant'Agostino, che nel 1070 inaugurano l'attuale, imponente chiesa dedicata a San Pietro. Una ventina d'anni dopo, nel 1090, il monastero rosacense viene elevato al rango di abbazia dal patriarca aquileiese Vodolrico di Ortenburg, un monaco della svizzera San Gallo. Chiamato a guidare la nuova comunità benedettina, che subentra ai canonici Agostiniani, è Geroldo, un sant'uomo della comunità di Millstatt in Carinzia.
     Coinvolto nelle lotte tra Aquileia e Cividale, tra Venezia e gli imperiali, sempre più occupato da soldati che ne devono garantire la difesa, Rosazzo rende difficile la vita ai monaci Benedettini, ai quali nel 1522 subentrano i Domenicani. Dopo oltre tre secoli, dunque, i benedettini lasciano Rosazzo ai frati di San Domenico, che qui rimarranno due secoli e mezzo, fino alla soppressione dell'abbazia stessa, nel 1773.
     L'abbazia è diventata ormai una 'commenda' da sfruttare, data in uso agli abati 'commendatari', per lo più nipoti di papi (Martino V, Paolo III, Clemente VII, Gregorio XV, Alessandro VII). E rocca da difendere o da espugnare. Storia di violenze e di orrori. Durante la guerra tra imperiali e Veneziani, ai primi del '500, le mura dell'abbazia vennero smantellate e tutti coloro che vi avevano cercato rifugio passati a fil di spada. A completare l'opera dell'uomo provvide, nel 1509, un furioso incendio che, come scriveva un teste oculare, il poeta Berni, la rese «stalla naturale», e la chiesa in «una via, dove van le bestie e le persone».
     Una ventina d'anni dopo la chiesa risorge per merito dell'abate commendatario Giovanni Matteo Giberti e di Venceslao Boiani, architetto cividalese. Del pittore veronese Francesco Torbido sono gli affreschi del coro (la Trasfigurazione di Gesù, la vocazione di Pietro e Andrea, la pesca nel lago di Genezareth, le figure simboliche degli evangelisti). Nell'antico refettorio dei monaci, invece, la Crocifissione è opera di Battista dell'Angelo detto il Moro. Tutte opere che vengono inaugurate già nel 1535, mentre gli altri lavori di restauro si concluderanno nel 1543.
     Due splendide bifore, raffiguranti nel capitolo le sante Caterina d'Alessandria e Scolastica, sono molto più antiche (forse risalenti al secolo XII) ed impreziosiscono con la loro età anche il chiostro. Con la soppressione del patriarcato di Aquileia (nel 1751), l'Abbazia cessa di essere ente ecclesiastico e viene concessa ai due arcivescovadi: di Udine e Gorizia. Abate di Rosazzo rimane l'arcivescovo di Udine, che nella persona di mons. Emanuele Lodi interverrà sulle strutture e sulla rete viaria di collegamento con i paesi limitrofi (1819-1847).
     Ora il 'monastero delle rose' opera come centro di cultura e di sperimentazione religiosa, punto di riferimento umanistico e sociale, in cui si organizzano convegni, seminari, mostre, dibattiti: perché l'Abbazia torni ad essere luogo d'incontro e condivisione fra le tre popolazioni storiche, che qui si sono incrociate da secoli; quella latina, la germanica e la slava.
     L'abbazia non fa parrocchia, ma è un ente a sé stante, che dipende direttamente dall'Arcivescovo, abate di Rosazzo. Rientra come territorio nella parrocchia di Oleis.