la nostra cucina

 

«Blave di Mortean» è qualità
LA COOPERATIVA AGRICOLA OFFRE UNA FARINA DI GRANOTURCO DI ALTO LIVELLO QUALITATIVO
La Vita Cattolica SABATO 24 FEBBRAIO 2007 

     COSTITUITA NEL LUGLIO DEL 2001 da nove soci titolari di aziende agricole, la cooperativa agricola «La Blave di Mortean» ha da subito manifestato la volontà di offrire al mercato e quindi ai suoi clienti una farina di granoturco di alto livello qualitativo. «Blave di Mortean» oggi significa soprattutto farina di alta qualità, i cui usi non si sono limitati alla preparazione della polenta, ma anche alla produzione di biscotti, grissini e crostini, prodotti che nel tempo si sono aggiunti al paniere dell’offerta della Cooperativa assieme al succo di mele e all’orzo decorticato. La cooperativa, inoltre, nel 2002 ha avviato la produzione di cereali con metodo biologico, sviluppando un modello di produzione duraturo che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria.
     Antiche usanze e sapori, tradizione e territorio, innovazione, qualità e rintracciabilità certificata sono solo alcuni degli obiettivi raggiunti, che la cooperativa si prefigge di preservare, in linea con le nuove disposizioni comunitarie e nazionali in tema di igiene, sicurezza alimentare e tutela del consumatore. In questo modo la cooperativa può garantire il miglioramento continuo delle sue filiere nonché il valore aggiunto dei suoi prodotti.
     La sede della cooperativa è a Mortegliano e ha tutti i requisiti necessari per garantire le esigenze di qualità e salubrità dei prodotti alimentari offerti. Occupa una superficie coperta di 610 metri quadrati ed è dotata di celle esterne a temperatura ed umidità controllata per lo stoccaggio e la conservazione delle materie prime. Ci sono poi le celle per lo stoccaggio dei prodotti finiti, ampi spazi interni per le operazioni di post-raccolta e movimentazione merci, servizi, magazzini e uffici.
 

     Le caratteristiche generali - Il mais, pianta erbacea annuale della famiglia delle Graminaceae – originaria dell’America Latina e diffusa in Europa dal XVII secolo – è, insieme a frumento e riso, tra i cereali più diffusi al mondo. È una componente importante dell’alimentazione umana perché è un’ottima fonte di carboidrati ben digeribili, proteine, grassi, sali minerali e vitamine. È anche  un’ottima base per la preparazione di un’ampia gamma di piatti unici equilibrati, e si accompagna ottimamente a qualsiasi cibo. 

     Il metodo di produzione - Il territorio di Mortegliano è la culla della coltivazione di mais in Friuli, grazie alle particolari condizioni ambientali (terreni freschi e fertili, clima favorevole) e alle competenze e all’esperienza di molti agricoltori appassionati. Alcuni di essi decisero di ottenere un mais di alta qualità ed iniziarono, in collaborazione con l’Ersa, un’accurata sperimentazione. Dopo anni di prove, sono riusciti a produrre, da un mais dalle grandi virtù, una farina distinguibile ed apprezzabile per le sue eccellenti qualità organolettiche (profumo, colore, sapore, consistenza). Il metodo di produzione applicato, disciplinato dal regolamento «Blave di Mortean», garantisce uno sviluppo equilibrato e senza forzature della pianta (anche a costo di minori produzioni), una conservazione della granella ed una macinatura che esaltano le caratteristiche del prodotto finale. 

     Controllo e certificazione - La società cooperativa agricola «La Blave di Mortean» ha deciso di fornire ai suoi clienti un ulteriore elemento di affidabilità, certificando le sue produzioni secondo i requisiti ed i criteri definiti dalla norma UNI 10939:2001. Questa norma prevede un sistema di rintracciabilità di filiera completo. Dall’etichetta è possibile conoscere l’origine delle materie prime utilizzate ed il percorso dell’alimento attraverso tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione, fornendo informazioni chiare e dettagliate sull’intero processo e sul prodotto finale. 

 

Piatti e ricette
Polenta, alimento fondamentale del «mangiare friulano»

     LALIMENTO FONDAMENTALE del tipico «mangiar friulano»è la polenta, regina indiscussa della cucina del Friuli-Venezia Giulia, servita  come piatto unico, oppure come contorno a qualsiasi cibo. L’ideale è accompagnarla alla cacciagione, alle salsicce, al pesce, ai funghi, a vari tipi di formaggio e a piatti della tradizione regionale, quali il frico o il salame con l’aceto. 

Polente, ricetta «Blave di Mortean» Ingredienti: 600 g di farina di polenta; 2 1/4 lt. di acqua; 20 g di sale grosso.
Preparazione. Ponete sul fuoco un paiolo con l’acqua; appena inizia l’ebollizione aggiungete il sale e spargete la farina a pioggia, un poco alla volta, mescolando rapidamente con una frusta per evitare la formazione di grumi. Una volta versata tutta la farina, il composto deve risultare omogeneo. Continuate a far cuocere per almeno 45 minuti, mescolando frequentemente. A cottura ultimata la polenta può essere versata in qualsiasi contenitore oppure su un tagliere di legno. 

Polente concia
Ingredienti: 600 g di farina di polenta «Blave di Mortean»; 2 1/4 l di acqua; 20 g di sale grosso; 80 g di burro; formaggio grattugiato; poco latte; sale.
Preparazione. Preparate la polenta secondo la ricetta tradizionale. Quando è pronta, fatene uno strato sul fondo di una zuppiera, spolverizzatela di formaggio, irroratela con qualche cucchiaiata di latte, un pizzico di sale e poco burro fuso, in più strati. Lasciatela riposare qualche minuto e servitela ancora calda. 

Altri utilizzi della farina mais
La polenta non è l’unico impiego della farina di mais. Essa, cotta con il latte a formare una morbida crema,può essere un utile alimento per gli astenici, gli anziani e i bambini in crescita; è consigliata anche come blando calmante per gli insonni e l’agitazione nervosa. È, inoltre, un ingrediente ideale per la preparazione di deliziosi dolci e biscotti. Poiché non contiene glutine, può essere impiegata per la preparazione del pane, delle pizze, delle paste e di tanti altri alimenti apportatori di carboidrati per le persone che presentano intolleranze  alimentari. In cosmetica la farina di mais, unita all’olio di mandorle, diventa un efficace e delicato scrub per il corpo con un’azione nutriente ed esfoliante. 

Per ulteriori informazioni rivolgersi a «La Blave di Mortean», soc. coop. agricola, via Flumignano, 23/3 - 33050 Mortegliano (Ud); tel. e fax 0432.760547; www.lablavedimortean.com; info@lablavedimortean.com

P
AGINA REALIZZATA DA COLDIRETTI UDINE IN COLLABORAZIONE CON CIASE, CENTRO REGIONALE PER LISTRUZIONE E LASSISTENZA SOCIO-ECONOMICA IN AGRICOLTURA

Brovada, il piatto invernale - Attesa la Denominazione d’origine protetta
La Vita Cattolica di SABATO 27 GENNAIO 2007 

     TRA I PRODOTTI AGROALIMENTARI tradizionali friulani legati alla stagione fredda c’è la brovada, ottenuta mediante un antico metodo di preparazione con il quale le rape, fatte fermentare a contatto con la vinaccia, acquistano un colore bianco crema, tendente al rosa o al rosso, in una gradazione di colori legati alla vinaccia utilizzata. Le rape, ridotte poi in filamenti con la grattugia, hanno una consistenza croccante ed elastica. Il sapore gradevolmente acidulo è molto caratteristico, così come l’aroma pungente e intenso.

Nella dieta e nelle ricette. La brovada può essere consumata in diversi modi: cruda, condita con olio e pepe, come antipasto oppure cotta, come contorno. L’apporto calorico è molto basso e il suo valore nutritivo è legato alla presenza di sali minerali, vitamine (soprattutto del gruppo C e B), zuccheri e oli eterei. Grazie alla sua ricchezza in fibra rende più equilibrati piatti a base di carni suine. Inoltre, ha un forte potere diuretico, stimola l’appetito e, a differenza di quanto si crede, non provoca generalmente acidità gastrica.
     Il suo impiego più tradizionale prevede una cottura piuttosto lenta in una pentola di terracotta con un battuto di lardo, aglio, alloro e con l’aggiunta, al bisogno, di brodo di carni suine. La brovada è cotta al punto giusto, quando assume il colore delle castagne lessate, e, perché riesca a dovere, secondo la tradizione, andrebbe ricotta il giorno dopo.
     La disponibilità del prodotto è determinata dai tempi di preparazione. Le rape da brovada si iniziano a raccogliere in settembre. I tempi di fermentazione variano da uno a due mesi. La brovada è commercializzata da ottobre ad aprile in sacchetti, vaschette o secchielli per alimenti, che vanno mantenuti in luogo fresco e lontano dalla luce. Dal momento in cui le rape sono tagliate in fettucce possono trascorrere 30 giorni senza che le caratteristiche qualitative subiscano variazioni significative.

Tra storia e tradizione. La storia della brovada è antichissima e legata alle abitudini culinarie degli antichi Romani, citata da Apicio, gastronomo dell’Impero Romano, nel suo ricettario «De re coquinaria», in cui è indicato il modo di conservare le rape in forma acetosa. La rapa è coltivata in Europa da quattromila anni; in Friuli-Venezia Giulia, questa radice è stata il cibo del popolo, soprattutto nelle annate con raccolti scarsi a causa della siccità e delle avversità atmosferiche.La preparazione della brovada era un modo di conservare per l’inverno e il più a lungo possibile le rape. Un modo tutto friulano usando le vinacce, scarto della lavorazione del vino, un altro prodotto che accompagna la storia di questa terra. Non esiste nulla di più tradizionale d’un prodotto «fermentato», cioè un alimento «elaborato» attraverso una trasformazione naturale che l’uomo ha imparato a guidare in modo sempre più corretto, fino a riuscire a provocarla a suo piacimento.Guidare una corretta fermentazione solo sulle basi dell’osservazione e dell’esperienza è certamente un fatto di cultura e che di cultura si tratti è confermato nel caso della brovada dalla combinazione di due processi di inacidimento: delle vinacce a opera dei batteri acetici e delle rape a opera dei batteri lattici, in grado di moltiplicarsi bene in ambiente acido utilizzando lo zucchero contenuto nei vegetali.

Brovada Dop. La brovada è in attesa di assegnazione della Denominazione d’origine protetta. Un riconoscimento che viene concesso a quei prodotti agricoli o alimentari le cui caratteristiche dipendono indissolubilmente dal territorio di produzione inteso non soltanto come ambiente geografico, ma comprensivo dei suoi fattori storici, economici, sociologici e culturali.
     La motivazione principale che ha spinto i produttori, riuniti nell’Associazione per la valorizzazione del prodotto tradizionale del Friuli-V.G. «Brovada», a impegnarsi per questo obiettivo è la possibilità, attraverso il riconoscimento della Dop, di tutelare la ricetta tradizionale friulana, difendendo così il prodotto dagli abusi dell’utilizzo del nome e dai tentativi di imitazione. Aderendo alla Dop le sei aziende produttrici di brovada della nostra regione – che detengono circa il 90% della produzione di brovada commercializzata in Italia –, si impegnano volontariamente a rispettare il Disciplinare di produzione, che definisce tutti i passaggi fondamentali della produzione della brovada: la coltivazione delle rape e la loro conservazione, le caratteristiche della vinaccia, il metodo di trasformazione e di immissione al consumo.
          Ecco dove trovare la brovada friulana: Azienda Agricola Avoledo Giuliano-Spilimbergo (Pn); Azienda Agricola «Casabianca» di Favot Mauro -San Quirino (Pn); Azienda Agricola Donat Roberto-San Pier d’Isonzo (Go); Azienda Agricola Mansutti Fulvio e Giovanni-Pavia di Udine (Ud); Azienda Agricola «Orto felice» di Romanelli Luciano-Udine; Azienda Agricola Zampa Ezio-Plaino Pagnacco (Ud). Per ulteriori informazioni e per scaricare la guida informativa sulla brovada: www.brovadafvg.it 
 

CON LA COLDIRETTI PROVINCIALE
IN VIAGGIO TRA I PRODOTTI AGROALIMENTARI FRIULANI

     Brovada. Soffriggete nell’olio tre spicchi d’aglio, quindi toglieteli e versate l’olio così insaporito nella brovada. Aggiungete cinque foglie di alloro, sale e pepe. Lasciate cuocere lentamente a pentola coperta senza aggiungere acqua per circa 2 ore. La brovada va servita con cotechino (muset) o carni di maiale.
     Stinco di maiale con brovada. Fatevi tagliare per il verso lungo uno stinco di maiale, strofinatelo con aglio e salatelo. Rosolatelo bene in poco olio, con salvia e rosmarino. Quando è ben dorato innaffiatelo con vino bianco e fate evaporare a fuoco vivissimo. Coprite poi lo stinco con brovada, mezzo bicchiere d’acqua e fate cuocere a fuoco basso per un paio d’ore.
     Minestrone di fagioli e brovada. Versate in una pentola capace acqua, fagioli, alcune foglie d’alloro, due patate pelate e un cotechino, già parzialmente bollito. Tagliate a dadini altre patate, delle carote e un gambo di sedano: unite al resto e lasciate bollire per 2 ore a fuoco lento. A parte, fate bollire la brovada salata per circa 30 minuti. Rosolate intanto in un tegamino della pancetta tritata con della cipolla finemente affettata e un cucchiaio di farina. Scolate la brovada e quando la cipolla, la pancetta e la farina saranno ben rosolate, riunite il tutto nel minestrone che avrete addensato schiacciando con una forchetta le due patate intere. Servite con il cotechino a fette; condite con un filo di olio extravergine di oliva. 

     Il nome Brovada è un nome che esiste solo in Friuli-Venezia Giulia e il vocabolo non è traducibile in lingua italiana. Il «Nuovo Pirona», vocabolario della lingua friulana, recita: «Broàde, brovàde, bruàde = cibo popolare, assai comune in Friuli, fatto di rape (ras di broade) inacetite e conservate in un tino con vinacce (trape) acide e acqua, quindi ridotte in filamenti mediante il grati (antica grattugia in legno)».

       Rimini, 17 Novembre 2000
Mandi Aldo, Dopo tanto tempo mi faccio sentire, hai ragione sono imperdonabile, comunque ho sempre fatto visita al sito e sfogliato le varie rubriche. Quella che seguo di più sono i messaggi che leggo sempre avidamente. L’altro giorno parlavo con mia madre di quando ero piccolo e di quello che combinavo, non so perché non so come mi è sembrato di sentire il profumo di un piatto che mi è sempre piaciuto tantissimo. Mi ricordo che quando tornavo da scuola e mia madre lo aveva cucinato sentivo il suo profumo da lontano e correvo a casa a perdifiato, mentre ti sto raccontando tutto questo mi sembra di sentire pure ora il suo sapore, peccato che mia madre non è qui altrimenti glielo farei cucinare, per ora mi devo accontentare della ricetta che spedisco anche a te sperando che trovi e meriti spazio nell’apposita rubrica. La scrivo in friulano ma se sbaglio qualche cosa correggi pure.
UN MANDI DI CUR A DUCJ  STAMI BEN ALDO, Santo Di Bez


 
SOPE di PATATIS e VERGE

1 picjule verge, 2 bielis patatis, 1 spi di ài, 1 sedon di savôrs pestâs, 2 l. di brûd vegetâl, 4 sedons di formadi sesonât Montasio gratât, 2 pagnus dûrs, 4 sedons di vueli d’ulive extravirgin, sâl.

Tirà vie a le verge  lis fueis plui duris lavale ben e disfueale. Fale disgotà e po tajale a strisulis. 
Intune padiele scaltrì l’ài intal vueli, zontà la verge e cuei a fûc bas cence covertorie.
Unì lis patatis tajadis a tôcs e viersà il brûd cjald e, se al serf sâl.
Fâ cuei almancul par une ore. 
Secjà il pan intal fôr tajalu a fetes , metilu intune fondine e viersà sore le sope bulint. 
Spulvinà cul Montasio gratât, viersà un fîl di vueli e, se al plâs pevar.
VIN CONSEÂT :
Malvasie
                       BON PITÌC________

Tratto da: CUCINA DELLA CARNIA cence pretêsis ...
Di Melie Artico dai "LOPS"
(Chiandetti Editore)

TALE CU LIS FRIZZIS (Gjani Coset Albergo Rome)
Un biel cjadin di tale, 50 gr di argjel, vueli, aséit, sâl tant cal baste. Plat 'ne vòre usât in Cjargne. Sul prin cricâ da vierte, fra i splaz da nèif si racuei la tale, chê pizule, blancje e rossite, la plui tenare. Netàit la tale senze tajâ il poc (radîs). Lavàile in tantes âghis, suaile t-une canevaze. Tajàit a daduz l'argjel e fasèit il sofrìt, zontant une sedon di vueli par ogni dôs razions. Intant scjaldàit la tale in-t-une cite, zontàit tal sofrìt reonàit cun dôs sedons di aséit e misturàit il dut cu la tale, salait e servît.
(Tantis verduris e ierbis, cuetis o crudis, come fasûi, cicorie, radic vert, patatis, brocui, blede ecc. a podìn jessi cuinzàdis cul sofrìt di argjel, vueli e aséit).

TARASSACO AL LARDO
Tarassaco, 50 gr di lardo, olio, aceto, sale quanto basta. Piatto molto in uso in Carnia.
In primavera, allo sciogliersi delle nevi, si raccoglie il tarassaco o "tale"; preferibilmente quella piccola, bianca e rossiccia, la più tenera. Pulite il tarassaco, senza tagliare la radice o "poc"; lavate in molta acqua e asciugatela in un tovagliolo. Tagliare a dadetti il lardo, soffriggere, aggiungendo un cucchiaio di olio ogni due porzioni. Frattanto scaldate il tarassaco in una casseruola. E nel soffritto di lardo versate due cucchiai di aceto e il tutto versatelo sopra il tarassaco ben caldo. Salare e servire.
Molte altre verdure, cotte o crude, come fagioli, cicoria, radicchio verde, patate lesse, broccoli, bieta ecc. possono essere condite con il soffritto di lardo, olio, aceto.

ÛS IN FUNGHET (Marie dal Ronc)
Cuéi par 7 minûz i ûs ta l'âghe, spelàju e tajàju pal miez; preparâ un tocjut cun spongje, vueli, conserve, cevole, presembul, sâl, pevar, e une prêse di foncs secs faz rinvègni tal âghe clipe e pestâz minûz; fâ cuéi a lunc il toc' e mèti dentri i ûs e cu la sedon bagnàju duc' e zontàit ancjmò un tic di presembul pestât, lasàit boli ancjmò un póc e servît.

UOVA IN FUNGHETTO
Cuocere le uova in acqua, sgusciarle, tagliarle a metà e preparare il sughetto con burro, olio, conserva di pomodoro, cipolla, prezzemolo, sale, pepe ed una presa di funghi secchi rinvenuti in acqua tiepida e poi tagliati a pezzettini; aggiungere le uova e con un cucchiaio bagnateli con lo stesso sugo, aggiungere ancora trito di prezzemolo, cuocere ancora per qualche minuto e servite.

RENGHE (Agnul Tumiez)
Il prin di di Cuaresime in dute la Cjargne si ùse cuêi la renghe. Si rustìs su pa plote dal spolert o su pa gridèle cul cjalt das bòris, girànle finche a sarà cuète, a chest pont si la met ta fondine e sòre si fâs un pest di ài e si cuvierz di vueli bon.

ARINGA
Il primo giorno di Quaresima in tutta la Carnia si usava cuocere l'aringa. Si fa arrostire sul ripiano della cucina economica oppure sulla griglia, girandola affinché sia cotta a puntino, poi si mette in una fondina cospargendola di trito d'aglio e olio buono.

BROVADE (Angjelin Lop)
Gjavâ i râs da podine, lavâju, gratâju e mèti ta cite, cerzâ e sa è pitost fuarte zontâ doi cops di âghe; fâ boli un moment e scolâ, tornâ a mèti ta cite cun fueis di orâr. In bande t-une pagjele à di boli la code dal purcit, il gargat, lis orêlis ben lavadis, une slepe di panzete, une rascjute di ài e lassâ boli; cun chest brût reonâ la brovade; cuanche a è sul finì di cuêi faseit un sofrìt cu la farine di flôr e un tic di lat.

BROVADA
Togliere le rape dal mastello di legno, lavarle, grattugiarle e mettere in pentola, assaggiare, e se è troppo forte aggiungere due mestoli di acqua; far bollire e scolare. Rimettere in pentola con foglie di alloro; da parte in una pentola deve bollire il brodo fatto con la coda del maiale, il tubo digerente, le orecchie ben lavate, un bel pezzo di pancetta, uno spicchio di aglio. Con questo brodo allungare di tanto in tanto la brovada. Al termine della cottura fare il soffritto con la farina 00 e un po' di latte.

PURCITA’ A ORSARIA
(Di Arnaldo Baschino)


Mario Baschino, purcitâr di Orsaria ...

        Un caro saluto a tutti i friulani nel mondo. La lontananza non è mai tale quando le radici di ognuno di noi restano ancorate alla terra natia nelle piccole e grandi cose che la vita ci riserva.
        Sono Arnaldo Baschino figlio di Mario del quale già conoscete i connotati e le "attitudini" trasmessi dall’amico Aldo Taboga tramite la rete.
        Ben volentieri aderiamo all’idea di quest’ultimo d’illustrare come tuttora vengono macellati e lavorati i maiali nelle famiglie del nostro piccolo paese.
        Innanzitutto mio padre, nato il 2 febbraio 1928, agricoltore, ha iniziato l’attività di "purcitar" nella stagione invernale, dal mese di novembre al mese di febbraio, nel lontano 7 dicembre 1943 apprendendo l’arte da Pizzoni Antonio nato nel 1891.
         Erano tempi di miseria ed il maiale rappresentava una indispensabile fonte di alimentazione per le famiglie. Pertanto, la macellazione di due-tre suini per nucleo era abbastanza frequente, e, si pensi, che nel nostro paese, di circa mille abitanti, si uccidevano circa trecento suini. Le famiglie che non ne macellavano nemmeno uno erano considerate povere. Molto meglio era avere suini che producessero molto grasso e lardo, alimento apprezzato ed usato come unica fonte di condimento poiché anche l’olio costava troppo. Tale tendenza e proseguita fino agli anni cinquantacinque.
        Quindi, con il progresso e la trasformazione della società, la famiglia da solamente agricola, lentamente, si è trasformata in una componentistica artigiana nella lavorazione del legno con produzione, come noto, di sedie e simili nonché attività metalmeccaniche.
        Pertanto, anche l’economia famigliare, prima basata sostanzialmente sullo scambio di merci, con l’avvento della commercializzazione, e, di conseguenza del denaro corrente, variando l’alimentazione, ha notevolmente contribuito al calo della macellazione in casa del "purcît". Sarà per l’odore che emana (da vivo) poco tollerato dalle nuove generazioni, la vita frenetica che ci circonda ove trovare mezz’ora al giorno per a pulizia dell’animale è diventato difficile, ora questa tradizione nella nostra Orsaria è passata a non più di 50 capi annui macellati.
        La nostra famiglia, grazie soprattutto alla passione di mio padre e di mia madre, Ida Pizzoni, è una di queste. Naturalmente tutto inizia con l’acquisto di un piccolo maiale sui 40 kg. di peso nei mesi di febbraio-marzo. (Un tempo si faceva nascere mediante il mantenimento delle scrofe.) Quindi, giorno dopo giorno, senza fretta, con una sana e tradizionale alimentazione composta da farina di granoturco, frumento, patate cotte con orzo e farina (paston), nonché l’ausilio di vegetali tipo erba tenera, verze, broccoli, zucche e quant’altro offre l’orto viene allevato per non meno di dieci mesi per un peso che può variare dai 180 ai 220 kg. circa. Per noi il giorno della macellazione è rimasta tradizione alzarsi alle sei di mattina, accendere il fuoco nella caldaia (lisiaria) onde ottenere l’acqua bollente per la pelatura. L’uccisione avviene mediante pistola ed immediato taglio della carotide e fuoriuscita del sangue. Poiché vige ancora la regola che "del purcît no si buta via nja", mio padre tuttora raccoglie il sangue mentre sgorga dal collo e, dopo averlo versato in un secchio già comprendente circa 2 kg di pane duro, unitamente a tutte le carni interne sporche di sangue, viene macinato, ed una volta salato e pepato viene riposto nel budello. Il "SANGANEL" è fatto. Cotto nell’acqua viene mangiato caldo nel brevissimo tempo. Di seguito cercherò di illustrare gli alimenti che tuttora produciamo considerando, come esempio un suino di 180 kg:

"SALCICCIA" (Luiania): composta da carne tenera (esclusa quindi quella nervosa e muscolosa) si usa preferibilmente quella prodotta vicino al costato. La produzione è di 7-8 kg.
Ingredienti:
sale, gr. 180 per ogni 10 kg;
pepe macinato, un cucchiaio da tavola ogni 8 kg;
pigmento (gorofolât), mezzo cucchiaio da tavola ogni 10k
cannella, mezzo cucchiaio da tavola ogni 10 kg;
mezza noce moscata ogni 10 kg;
1 cucchiaio di coriandoli ogni 10 kg.


"COTECHINO" (muset):
formato da carne muscolosa, stinchi compresi; carne della testa, meno le orecchie; e, naturalmente, tutta la cute. La produzione è di circa 20 kg.
Ingredienti:
sale, gr. 250 ogni 10 kg;
pepe macinato, un cucchiaio ogni 8 kg;
pigmento, un cucchiaio ogni 14 kg;
cannella, un cucchiaio ogni 20 kg;
coriandoli, un cucchiaio ogni 10 kg;
1 noce moscata ogni 20 kg;
1 bicchiere di vino nero precedentemente macerato per 2 giorni nell’aglio, usare solo il liquido.
        Si usa cottura a vapore in quanto il gusto viene esaltato.


"SALAME" :
formato dalla polpa (esclusa carne nervosa e muscolosa) e dal 25% di lardo. La produzione è di 40 kg.
Ingredienti:
sale, gr.250 ogni 10 kg;
pepe, un cucchiaio da tavola ogni 7 kg (di cui metà macinato e metà in grani interi)
1 litro di vino nero macerato nell’aglio come sopra.


"POLMONARIA":
formata da carne del polmone, cuore, milza, reni e una piccola parte di fegato.
Ingredienti:
simili al cotechino ad eccezione del vino macerato nell’aglio che non va aggiunto.

Inoltre, vengono prodotti 2 Ossocolli, che, come dice la parola, sono formati da carne del collo, salata e pepata a piacimento. Complessivamente 8 kg. di peso.

Infine 2 Pancette o Coste. Da noi si usa disossare il costato, e, susseguentemente dopo averlo salato pepato e sparso all’interno una spruzzata di vino, sempre macerato nell’aglio, arrotolato ed infilato nell’apposito budello. Abbisogna di una stagionatura che da noi non è inferiore ai 10-11 mesi.

        A proposito di stagionatura ed in particolare al salame, prodotto che va particolarmente seguito soprattutto all’inizio, lo stesso viene appeso in cantina buia con una temperatura di circa 10-12 gradi. Nel caso in cui non produca muffa, essenziale per una corretta conservazione, viene avvolto in una coperta di lana, affinché accada e, quindi, scoperto e portato in un ambiente più freddo ove possa proseguire la stagionatura per un ottimo risultato.
        Penso di aver detto tutto della nostra amata "bestiola" e spero che questo scritto risulti comprensibile ed utile, fermo restando che "un taj di vin, una fleta di salam, una buîna companja e je una des rubês plui bielis che sedin".
Vi saluto sperando che ciò possa accadere. M A N D I. 

Orsaria, 29 gennaio 2000 - Arnaldo Baschino


Tratto da: CUCINA DELLA CARNIA cence pretêsis ...
Di Melie Artico dai "LOPS"
(Chiandetti Editore)


Las recipes da "More" di Sudri
"Chestes recipes voi dedicâles a chês femines di une vôlte (me mâri, agne Clorinde, Mariane e tantes âtes) ca mi an tant insegnât. Parcé jò las sae? Par vie chi lavi pas famees a dâ un pont ai podût gustâ i mangjâs di une vólte, e magari a sarà stade ancje plui fan, ma da une cjase a chê âte il stès mangjâ al cangjave. Par podei fâ di mangjâ ben a vûl timp e buine voe. Las recipes a riguardin nome i paîsc dal gnò comun: Sûdri, Prioule e Nearies. Po stai che un doman a cualchidun a podin interesâ: cuisà cemût cal larà il mont! E cun cheste i pâsi as recipes".

Le ricette della "Mora" di Sutrio
"Queste ricette voglio dedicarle a quelle donne di una volta (mia madre, zia Clorinda, Marianna e tante altre) dalle quali ho tanto appreso. Perché le so? Perché passavo di famiglia in famiglia a cucire, così ho avuto modo di gustare il cibo di allora che, magari perché c'era più fame, la stessa pietanza pareva diversa da una casa all'altra. Per poter cucinare bene ci vuole tempo e buona volontà. Le ricette riguardano soltanto i paesi dei mio comune: Sutrio, Priola e Noiaris. Può darsi che domani a qualcuno possano interessare: chissà come finirà il mondo! E, detto questo, passo alle ricette".


POLENTE
Aghe tal cjaldereuz (magari di ram), salâ cuanche a bol, si bute la farine dute in-t-un colp; lasâ un moment cence mesedâ, po si fâs la crous cul mescul; dopo pôs minûz si masede fintramai ca è cuete, 40 minûz, ven a stai cuanche a nâse di bon e las crostes si distachin dal cjalderuz.

POLENTA
Acqua nel paiuolo (magari di rame), salare, quando bolle si butta la farina tutta assieme, si lascia qualche minuto senza mescolare, poi si fa il segno della croce col mestolo di legno. Si procede a mescolare sino a cottura ultimata, 40 minuti, cioè quando emana un buon profumo e le croste tendono a staccarsi.


MIGNESTRE DI FASUI E RISIS
Par fâle buine, bisugne meti la sere prime i fasûi ta l'âghe; tal doman si la cambie e sin met di nove. Intant si met sul fûc la cite da l'âghe, si prepare da bande pouc saìn, si rustìs in chest la cevole e si ficje denti ta mignestre ca bol. D'estât si pò zontà ancje un bon pestât di prezemul fresc, la mignestre a di boli planc-planc par dôs ores; po si metin i risis ca coventin.

MINESTRA DI FAGIOLI E RISO
Per farla buona, bisogna mettere la sera prima, i fagioli nell'acqua. L'indomani si cambia l'acqua mettendola fresca. Si mette sul fuoco la pentola, da parte si prepara un po' di strutto, si fa rosolare in questo la cipolla, poi si aggiunge alla minestra che bolle. D'estate si può aggiungere anche un buon pesto di prezzemolo fresco. La minestra deve cuocere pian piano per due ore. Infine si aggiunge il riso che occorre.


MIGNESTRE DI RISIS E CARTUFULES
Si prepare l'âghe sul fûc; si fâs un sofrit di cevole pestade benone e une riscje di ai; si rôsule cence brusâ, si metin denti las cartufules tajades a bocognuz e dâ ancje a chestes une brustulide in tal ont. Si zonte l'âghe scjaldade e si fâs boli planc-planc. Par finî si metin i risis, sâl, pevar e un pouc di formadi stagjonât.

MINESTRA DI RISO E PATATE
Si prepara l'acqua sul fuoco, si fa un soffritto con cipolla e aglio (ben pestato). Si fa rosolare senza bruciare, si aggiungono le patate tagliate a dadini facendole rosolare nel burro cotto, poi si aggiunge l'acqua già scaldata e si fa bollire lentamente per due ore, poi si aggiunge il riso quanto basta, sale, pepe e a piacere formaggio grattugiato.


MIGNESTRE DI RISIS E RAS
La stese fature da mignestre di cartufules nome che inveze das cartufules si metin i râs.


MINESTRA DI RISO E RAPE
Lo stesso procedimento delle precedenti.

La Zine, fie da Rede, dal Cjanál di Guart - La Zine, figlia di Rede, del Canale di Gorto

MIGNESTRE DI VUARDI CUL SORC
Dôs zumièles di fasûi e 1 di sorc, fá boli cui savôrs, selino, carote, cevole, musèt, da-pè mèti a-dum il vuardi za bulît da bande, sâl, pevar e formadi gratât.

MINESTRA DI ORZO E GRANOTURCO
Due manciate di fagioli e una di granoturco, far bollire a lungo con sedano, carota, cipolla e cotechino; nel frattempo, da parte, cuocere l'orzo, scolarlo e a fine cottura metterlo nella pentola assieme al resto, salare, pepare e grattugiare abbondante formaggio nostrano.


LA FRITULE DAL MADRON
Doi ûs, pestá la rude, un nin di arsinc', camamile, sbàti dut benon e frigj tal ont.
(*) Madron = infiammazione dei genitali maschili.

LA FRITTOLA DEL MADRONE
Un toccasana per le infiammazioni delle parti basse degli uomini. 2 uova, alcune foglie di ruta e poche di assenzio, fiori di camomilla, foglie di salvia, 1 cucchiaio di zucchero, un pizzico di sale, sbattere il tutto e friggere nel burro cotto.


CORADELE SALTADE
Frìgj ta fressòrie cun vueli e spongje, butá dentri il polmon, il fiât, il cûr, sâl, pevar, 'ne biele cevole pestade, mieze taze di vin blanc, tirâ in bande e fâ cuéi pôs minûz.

CORATELLE SALTATE
Friggere nella padella di ferro con olio e burro, gettare il fegato, il cuore, il polmone; salare e pepare e affettare sottile una grossa cipolla, cuocere velocemente e aggiungere mezzo bicchiere di vino bianco secco.


E par digjerî: LICÔR DA JERBE LUISE
Miez kg di alcul par dolz, miez kg di aghe, 500 gr di zucar, 74 fuees di jerbe Luise, une sclése di canele, 3 clauz di garoful, un tic di osmarin, une scusse di limon. Il dut lassâ in fusion par cuarante dîs, po passâ e mèti ta butiglie.

E per digerire: LIQUORE DI ERBA LUISA
Mezzo kg di alcool per dolci, mezzo di acqua, 500 gr di zucchero, 74 foglioline di erba Luisa, una scheggia di cannella, 3 chiodi di garofano, un po' di rosmarino, una buccia di limone; lasciare il tutto in fusione per 40 giorni, poi filtrare.

IL PAN BRUM - Barboi
Dôs parz di farine di sorc masinade fine e lassât dentri un pôc di semule. Une part di farine di siale. Si fâs un mescedot, si met il dut in ta panarie e si impaste cun âghe bolint e sâl. Si fasin i pans di miec' chilo cirche, si fâs une crôs cul curtìs e si met a cuêi tal fôr a lens. In ta stagjon da verze si lu cuejeve metinlu tal fôr sun-t-une fuée di verze. (Barboi)

PANE BRUNO
Due parti di farina di granoturco macinata sottile lasciando dentro anche un po' di semola. Una parte di farina di segala. Si amalgama, si mette il tutto nella panaria e si impasta con acqua bollente e sale. Si fanno i pani di mezzo kg circa, si fa una croce col coltello e si mette a cuocere sul forno a legna. D'inverno lo si cuoce mettendolo al forno su di una foglia di verza.


SOFRIT- Barboi
Votcent grams di lat, dusinte grams di bon vin nêri e almancul cincuante di ont metûs insieme a dôs sedons di zucar e dôs di farine blancje. Si mescede il dut girant simpri in sens orari e puartá a bult par dis minûz. Si pos servì sêti cjâlt che frêt. Chest une vôlte l'ere il mangjá dai siôrs e dai convalescenz.

SOFFRITTO
800 gr di latte, 200 gr di buon vino nero e almeno 50 gr di burro cotto (ont) con 2 cucchiai di zucchero e 2 di farina bianca 00. Mescolare il tutto sempre in senso orario e far bollire per 10 minuti. Si serve caldo oppure freddo. Questo un tempo era il vitto dei benestanti e dei convalescenti.


PETE DI ZUCJA -
Adelma Facchin
Zucja baruca, cuèila ta l'âga, sgotâla, strizâla tal frachepatatas, zucar, farina, levan, 2 ûs, mescedá benon e mèti sul fôr cjalt par 45 minûz.

TORTA DI ZUCCA
Zucca gialla, cuocerla nell'acqua, sgocciolarla, strizzarla nel passaverdure, zucchero, farina, lievito di birra, 2 uova. Mescolare bene e mettere al forno per 45 minuti.

RECIPES RACUETES ATÔR PA CJARGNE  (Ricette raccolte in giro per la Carnia)

     I vuei comenzâ cun chês da l'Ostarie a l' Amicizie di Reda di Liaries di Davâr. A stavin benon di cjase cence fastidís di picugne, oltri a ostarie a vevin ancje la privative.
     Duncje 3 dîs par setemane si faseve la mignestre cun-t-un toc di cjâr di vigjel (2 hg cirche). Tajá a tocuz e pestá mieze cevole, rustîle tal ont e ancje la cjâr, tazá 4 bieles patates e falîs dorà, zontà aghe di bol e un macût di savôrs (selino, presembul). Fá boli 2 ores e po mèti dentri un pugnùt di rîsis par-omp e lassá cuéi 12 minûz, saurì cun formadi gratát; daûr da mignestre, fritâe, radic e simpri la polente.
     Di sabide si faseve la torte di patates: 1 kg di patates, 1 sedon di farine di pan di sorc (siale e sorc), 2 ûs sbatûz benon, zontà formadi nostran gratât e a fetutes une pontute di curtìs di bicarbonato, ongj la pagjele cu la spongje e par mieze ore fà cuéi sul fôr e sal ocôr ancjmò di plui fintramai ca varà fate la crostute. (Mangjále clipe).
    
Il di da sâgre si f aseve un bon brût cu la cjâr di manc' e di gjaline, si faseve la mignestre e la cjâr lesse a vegnie servide cul craut e muset, se no al ere il rost di vigjel cu las patatutes, simpri radic e polente e … CJARSONS

CJARSONS - Cheste la rècipe:
     Pal pastum: pan gratât, formadi, scuète frescje, presembul rustît ta spongje, gratà la scusse dal limon, un etto di uvete lavade e metude in muèl ta marsale, doi ûs, une prése di sâl e une sedon di zucar, lat tanche al basti par mèti a-dum il dut.
     Pa sfuée: 1 kg di farine di flôr, mètile a pozùt su pa brèe, 1 cop di aghe cjalde (di bol), une prése di sâl, une sedon di vueli di ulive e lavorà la paste par 10 minûz, cu la mescule tirâle a sfuée e cu la taze fà i taronz e tal miez mèti une cocule di pastùm, sierá a creste.
     Par cuéju: butâju ta l'âghe ca bol (salade) 5 par volte e cuanche a vegnaran a gale gjavâju cu la cjazze forade. Preparà pan gratât e scuète fumade, 1 sedon di zucar e misturà, cjòli la pladine e sparnizà il fonz di pan e formadi e zucar e butà sòre l'ont rustît benon (al dèvi cricà), po altris cjarsons, altre misture e ancjmò ont e cussì vie.
    

     Tai pasc' di sâgre, simpri salam e vin, si sà, formadi tajat a bocognùz, par finì il past in bieleze si fasevin i crostui (ancje 20 ûs) par vie ca vegnivin ufierz ai clienz ca bevevin il got. (La Zine)


RICETTE RACCOLTE IN GIRO PER LA CARNIA

     Voglio cominciare con le ricette dell'Osteria all'Amicizia di Reda di Liariis di Ovaro. Allora codesta famiglia viveva bene senza preoccupazioni di denaro e oltre all'osteria gestiva lo spaccio della cooperativa.
     Dunque, per tre giorni alla settimana si faceva la minestra: con un pezzo di polpa di vitello (2 hg circa), si tagliava a pezzettini assieme a mezza cipolla, si rosolava nel burro cotto assieme alla carne, nel frattempo spellare e tagliare a dadini quattro patate e farle dorare, aggiungere acqua bollente ed un mazzolino di sapori (sedano, prezzemolo). Lasciare bollire 2 ore e aggiungere un pugnetto di riso, mondato a testa, cuocere altri 12 minuti, saporire col sale e formaggio nostrano grattugiato. Per secondo frittata, radicchio e polenta sempre. 
     Il sabato si faceva la torta di patate: 1 kg di patate, 1 cucchiaio di farina di pane rustico (segala e granoturco), 2 uova ben sbattute, aggiungere formaggio nostrano grattugiato e a fette ed una puntina di bicarbonato. Ungere la teglia con il burro e mettere in forno caldo per mezz'ora e se occorre anche più, sino a che la superficie sia ricoperta dalla crosticina dorata. (Mangiarla tiepida).
     Il giorno della sagra si faceva un buon brodo con carne di manzo e di gallina, poi si faceva la minestra e la carne lessa veniva servita con i crauti e con il cotechino, oppure si faceva l'arrosto di vitello con le patatine e sempre polenta e radicchio e … I CJARSONS.

I CJARSONS - Questa la ricetta della Valle di Gorto:
     Per il ripieno pane grattugiato, formaggio, ricotta fresca, prezzemolo rosolato nel burro cotto, buccia grattugiata di limone, 1 hg di uva sultanina lavata e messa in bagno nel marsala, due uova, un pizzico di sale ed un cucchiaio di zucchero, latte quanto basta per amalgamare il tutto.
     Per la pasta sfoglia, 1 kg di farina "00" metterla a fontana sulla spianatoia, 1 mestolo di acqua bollente salata, una presa di sale, 1 cucchiaio di olio buono, e lavorare la pasta per 10 minuti, con il mattarello fare la sfoglia e con un bicchiere fare i dischetti, nel centro di ognuno mettere una noce di ripieno e chiudere i lembi a cresta.
     Per la cottura: buttare 5 per volta in acqua che bolle con il sale e quando galleggiano toglierli con i mestolo bucherellato; preparare un miscuglio di pane grattugiato, ricotta affumicata, 1 cucchiaio di zucchero e sistemare in una capace terrina cominciando a spolverare il fondo, poi uno strato di cjarsons e del burro cotto bollente e scricchiolante e così via.
     E sempre nei pranzi di sagra, salame, formaggio tagliato a pezzetti e vino, per finire in bellezza si facevano i crostoli (anche 20 uova), i quali venivano offerti a tutti i clienti dell'osteria. (La Zine)

CROSTUI - (La Zine)
    
Un ûf, une sedon di zucar, une di ont, une di rum, limon gratât, un sbit di sâl e farine tant ca baste. Lavoráàa lunc la paste, parâle dongje e tornà a menà cence girâle, tirà cu la mescule e tajà a triangui cu la rodelute, mèti a frìgj in cuinze miste (ont, vueli, saìn, pal bon savôr). 

CROSTOLI
     Per ogni uovo 1 cucchiaio di zucchero, 1 di burro cotto, 1 di rum, buccia di limone grattugiata, un pizzico di sale e farina quanto basta. Lavorare l'impasto a lungo senza girarlo, con il matterello tirare a sfoglia e con l'apposita rotellina tagliare triangolini e friggere in condimento misto per il sapore (burro, olio, strutto).

TRIPES - (La Zine)
     Par netâles benon impirà un grignel di sorc ta fuarpie e passà fúr par fûr dal intestin, lavá tal aghe di semule e resentá tantes voltes, suâle e pestâle fine fine e mèti in dôs pagjeles: 
... une par fá in ùmit cun cevole, ont, sâl, pevar, rosolá e reoná cun brût o aghe cjalde, lassá cuéi a fûc cuièt.
... une pa
mignestre: pestá sutîl dá une rustìde e mèti un pugn di rîsis par-omp, sparnizá cul formadi gratât.

TRIPPE
     Per pulirle facilmente senza rovinarle puntare un chicco di grano sulla forbice e passarla lungo l'intestino, lavare in acqua e crusca, poi risciacquare ripetutamente molte volte, asciugare e tagliare a pezzetti.
     In padella: una cipolla rosolata nel burro cotto, sale, pepe, rosolare e allungare con brodo e acqua calda, cuocere lentamente.
     Per la minestra: tagliare le trippe a strisce sottili e far rosolare, aggiungere un pugno di riso a testa, spolverare con formaggio grattugiato e aggiustare il sale.

TOC' DI CARESIME - (La Zine)
     Rustì la farine di flôr ta spongje, sâl, lat, pevar, cuéi e tocjá cu la polenta.

INTINGOLO DI QUARESIMA
     Rosolare la farina 00 nel burro cotto, sale, pepe e allungare con del latte, cuocere lentamente e toccare con la polenta nel tegamino.

LAS FRITULES DAL BOSC - (La Zine)
     Il dì da Sense la mularie a lave tal bosc a fá fieste, duc' puartave alc, cui la fressòrie, la cuinze, il zucar, i ûs, sâl e farine; si faseve la fughêre e si frizzevin las fritules, si mangjave, si cjantave e si zuàve.

FRITTELLE BOSCAIOLE
     Il giorno dell'Ascensione i bimbi di Liariis solevano ritrovarsi tutti nel bosco, ognuno portava qualcosa, chi la padella, il condimento, le uova, la farina, lo zucchero, poi accendevano fra i sassi un fuoco e sopra friggevano le frittelle, fra giochi, canti e strilli.

FASÛI IN PAGJELE
(Vigj da Scuarzarie, Tumiez)
     Par cuatri di lôr: 350 gr di fasûi barlòz cjargnei, 150 gr di cròdies di purcit, 50 gr di panzete, 1 vues di purcit, 500 di pomodòros, 1 cevole, 1 rascje di ài, osmarin, basìli, presembul, vueli, sâl, pevar.
     Passâ i fasûi ta cite da l'âghe salade ca bol insieme al vues di purcit e al ramazut di osmarin e fâ boli. Tal cuntimp rascjàit lis crodis, taiàiles a curdelis e metèiles t-une pignate cun âghe frèide e piôc sâl gròs. Fàlis cuéi e scolàles cuanche a son ancjmò durutes. Pestâ 'ne vòre fine la cevole, l'ài, il basìli, il presembul, la panzete e mèti in-t-une pagjele di tiere cuete cun trèi sedons di vueli, fâ il sofrìt zontant une sedonute di farine di flôr, po mèti a-dum i pomodòros a tocs, saurîit cun sâl e pevar e fâ cuéi par 20 minûz da pè (da pîit, in fondo), mescedàit fasûi e cròdies, taponàit e fasèit cuéi ancjmò 20 minûz.

FAGIOLI IN PADELLA
(Luigi della Conceria, Tolmezzo)
     Per 4 persone: 350 gr di fagioli, 150 gr di cotiche, 50 gr di pancetta, un osso di porco, 500 gr di pomodori pelati, 1 cipolla, I spicchio di aglio, rosmarino, basilico, prezzemolo, olio, sale, pepe.
     Passare i fagioli nella pentola dell'acqua salata che bolle. Nel frattempo raschiate le cotiche, tagliatele a fettuccine e mettetele in un tegame con acqua fredda e poco sale grosso, mettetele sul fuoco, fate cuocere, lasciatele al dente, scolatele, preparate un pesto sottile con cipolla, aglio, basilico, prezzemolo e pancetta. Far rosolare assieme a tre cucchiai di olio in un tegamino di terracotta; fare il soffritto aggiungendo un cucchiaio di farina 00, aggiungere i pomodori a pezzi, aggiustare di sale e pepe, e far cuocere 20 minuti; infine amalgamare fagioli e cotiche, coprire e cuocere ancora 20 minuti.



LU FRICO
(Novelo di Fors d'Avoultri)
     Il profum de Cjargno e di duc' i sìo pasjons, si son metûz dingjo in chest plat, unic dal so gener e col formo oltro la bontât, un vior esemplâr de pì coroteristico tradizion cjargnelo! Agns indevôr al'ero usât tantissim, cumò invezo nomo in ocasions di fiestos, sâgros o di invîz ad ospiz foresc', por faûr cjerciá un dei plaz pì genuins dal nestri folclùor!
     Fá lu frico al è facil, ma a vôl esperienzo e abilitât parcè cal basto pùoc par ca no rivi a crustiná, o cal cjepi di brusciât. Al ven doprat bon formadi cjargnel (tang' viaz i ài provât a fâlu cun chel formadi furlan, ma a lè masso gras e nol rivo ad'oro a metisci a-dum) di un sîs mìos, pestât a fetos un grum suttîlos; in bando tor uno frissorio di chês che nos taco a si met doi dioz di vueli di sêms, cuant che chest al è avondo bulint a si met denti uno grampo di chestos fetos di formadi, un segont, si formo uno pleco, si la giro di chê âto bando e si lu disgoto tar uno cjarto par che supi lu grass, lu f rico al è già pront par essi mangiât cencio formos di etichetos, gustât miei cu las mans, compagnât cu la polento.

IL FRICO
(Novella Del Fabbro di Forni Avoltri)
     Il profumo della Carnia e di tutte le sue passioni si sono messi insieme in questo piatto unico nel suo genere e forma, oltre alla bontà, un vero esempio della più caratteristica tradizione carnica. Anni fa era usato moltissimo, ora solo nelle occasioni di festa e nelle sagre o per ben figurare con gli ospiti forestieri, per far loro conoscere ed assaggiare uno dei piatti più genuini del nostro folclore.
     Fare il frico è cosa facile, ma ci vuole esperienza e abilità, perché basta poco per afflosciare e bruciare. Per fare un buon frico occorre del buon formaggio carnico (tante volte ho provato con quello della bassa, ma essendo troppo grasso non riuscivo a farlo stare unito), deve avere 5-6 mesi, deve essere tagliato a fettine sottili. Sul fuoco si prepara un tegame antiaderente con dell'olio di semi, quando questi è bollente aggiungere il formaggio, in breve si forma un medaglione che facilmente si gira e poi si mette a sgocciolare l'eccedente grasso in un foglio di carta. Senza troppe etichette il frico viene gustato con le mani e accompagnato con polenta.

MINESTRE DI FAGIOLI (Mignestris di fasûi)
Tratto da "Mangiare e ber friulano"
di Giuseppina Perusini Antonini
Franco Angeli Editore
(Purtroppo, l'Editore non ha dato il permesso per pubblicare altre ricette)

La minestra più popolare in Friuli è a base di fagioli, e può essere fatta con fagioli soli o mescolati con verdure, pasta, riso, ecc.

MINESTRA DI SOLI FAGIOLI (Mignestre di rûz fasûi)
I fagioli secchi si mettono a rammollire in acqua tepida, la sera antecedente al giorno in cui si vogliono cuocere. Si mettono in un tegame di terra con pochissima acqua che si getta via, quando sta per alzare il bollore; si rimettono al fuoco con acqua fredda, aggiungendo, se si vuole una minestra più saporita, cotenne di maiale ben pulite oppure ossa di maiale, un po' di sedano, una foglia di lauro, una patata, una carota; queste ultime, quando sono ben cotte, si spremono per ottenere un brodo più denso; si aggiungono sale e pepe. A cottura quasi ultimata, si condisce col pestât, battuto molto fine di lardo, cipolle, aglio, prezzemolo e salvia che si cuoce in un tegamino; oppure nel tegamino si mette solamente olio, burro e un pezzo di cipolla che si toglie quando è ben rosolata. Il condimento così ottenuto, si versa sul fagioli, lasciando un po' bollire il tutto assieme.

FAGIOLI E PATATE (Fasûi e patatis)
Le patate tagliate a pezzetti si aggiungono quando la minestra di fagioli è quasi cotta.

FAGIOLI E VIS'CIE (Fasûi e vis'cie)
Le foglie delle rape lessate e pestate (vis'cle) si uniscono ai fagioli.

MINESTRONE CON FAGIOLI (Mignestron di fasûi)
Si cucinano i fagioli e si condiscono. In altro tegame si soffriggono, con burro e cipolle, varie verdure tagliate a listerelle, aggiungendo un po' d'acqua ed avendo cura di cominciare a cuocere prima quelle verdure che richiedono cottura più lunga. Quindi si uniscono ai fagioli.

PASTA E FAGIOLI (Paste e fasûi)
La pasta va aggiunta a cottura quasi ultimata dei fagioli.

RISO E FAGIOLI (Ris e fasûi)
Lo stesso dicasi per il riso.

ORZO E FAGIOLI (Uârdi e fasûi)
L'orzo va preparato come i fagioli, messo in bagno la sera prima, gettata la prima acqua, sempre che si tratti dell'orzo nostrano. Richiede lunga cottura, quindi, tenendo conto della sua grossezza, si aggiunge ai fagioli a cottura appena iniziata.

PASSATO DI FAGIOLI (Fasûi passáz)
I fagioli dopo cotti in acqua, si passano allo staccio; nel condimento preparato a parte, si aggiunge un po' di farina di frumento ed il tutto si versa nella purée di fagioli. Volendo si aggiunge riso e tagliatelle od anche brovada cotta a parte; oppure si versa il passato di fagioli su pezzetti di pane soffritto nel burro.

FAGIOLI E MIGNACULIS (Fasûi e mignàculis)
Quando i fagioli sono cotti, agli ultimi bollori, si aggiungano delle cucchiaiate di una pasta fatta bagnando con acqua della farina. (Ricetta della co. Adele Beretta di Udine)

FAGIOLI IN LATTE (Fasûi cul lat)
Cucinare i fagioli gettando la prima acqua; portarli quasi a cottura con la seconda e aggiungere poi un quinto di litro di latte per persona. Condirli solamente con burro soffritto e mettervi pasta e riso. (Si usa in Carnia e Rigolato)

FAGIOLI E BROVADA (Fasûi e brovade)
Cucinare e condire separatamente i fagioli e la brovade, aggiungere una cucchiaiata per persona di brovade molto calda, sui fagioli freddi messi in fondina. (Ricetta della co. Paola di Colloredo di Udine)

ALTRA RICETTA
I fagioli si fanno cuocere preferibilmente con musetto o coste od ossi di maiale, condendoli poi col pesta't (lardo tritato, cipolla, salvia, prezzemolo, aglio). In altro recipiente si cuoce la brovade con un po' di condimento e acqua. Poco prima di servire, si mettono assieme brovada e fagioli, e si fanno bollire. (Ricetta della co. Gernma di Caporiacco Nais di Moggio)

FAGIOLI COL MUSETTO (Fasùi cul musét)
Si mettono a cuocere i fagioli con un musetto ben pulito, lavato e, se ha esternamente muffe, passato in acqua calda. In tegame a parte, si fa un soffritto di lardo, cipolla, aglio, prezzemolo, salvia e, quando i fagioli sono a metà cottura, si versa il condimento nella pentola rimestando il tutto. (Ricetta della co. Gemma di Caporiacco Nals)

MESTA E FAGIOLI (Meste e fasûi)
Si cucinano i fagioli in acqua e sale e, quando sono cotti, si versa farina di granoturco, come se si dovesse fare una polenta, e si lascia cucinare a lungo, con il tegame coperto, senza adoperate il mestolo. Si passa nelle fondine e si condisce cospargendo di burro cotto; si mangia con latte.

(Ricetta della Sig.ra Ginevra Crovato di Solimbergo)


FAGIOLI E TRIPPE (Fasûi e tripis)
Alla minestra di fagioli, si uniscono le trippe cotte a parte.

QUATTRO RICETTE SPECIALI DI FINE ANNO

GNOCS DI CERCIUVINT
Ingredienti: 1 kg. di patate, gr.750 di farina "00", 4 uova, 20 prugne, gr.200 di "ont" o burro fuso, gr.100 di formaggio Latteria (Montasio) vecchio grattuggiato, sale q.b., un pizzico di cannella in polvere, salvia.
Lessate le patate, setacciatele e , fredde, impastatele con farina, uva e cannella. Formate degli gnocchi grossi come uova. Praticate un foro nel centro e infilate mezza prugna. Chiudete, rigirate con le mani, senza adoperate farina, formando delle palline. Cuocere in molta acqua bollente e raffreddateli in una pentola di acqua fredda. Al momento di servire, rimettere gli gnocchi in acqua bollente salata, scolateli e conditeli con burro fuso, salvia e formaggio grattuggiato. 
Vino consigliato : Sauvignon.

RISOTTO CON VONGOLE VERACI E CARCIOFO
Ingredienti per quattro persone : gr. 400 di riso, 4 carciofi, gr. 300 di vongole veraci, un bicchiere di vino bianco, un pezzettino di cipolla, brodo di carne, gr. 50 di burro, gr.100 di parmigiano, foglia di alloro, sale e pepe.
Pulire i carciofi dalla barba e dalle foglie più grosse ottenendo dei cuori e lasciando il gambo. Tagliarli in quarti e farli bollire per dieci minuti nel bicchiere di vino diluito con tre bicchieri d’acqua. A parte far aprire le vongole in un po’ di acqua, che verrà conservata. Iniziare come per la cottura di un normale risotto, facendo soffriggere pochissima cipolla e bagnando alternativamente con l’acqua di cottura dei carciofi ed il brodo. A metà cottura aggiungere i carciofi, dopo averli tagliati minutamente. A cottura ultimata aggiungere le vongole con la loro acqua di cottura. Lasciate asciugare e aggiungere il formaggio.

BRACIOLA DI MAIALE IN AGRODOLCE CON KREN.
Ingredienti per quattro persone : 4 braciole con l’osso, 30 gr. di uva sultanina ammollata nel vino bianco, 20 gr. di pinoli, 10 cc. di aceto di vino, 1 bicchiere di vino bianco, sale e pepe. A parte: 120 gr. di panna montata e mezza radice di kren (rafano).
Cuocere le braciole in poco olio e burro facendole rosolare da entrambi i lati e bagnandole con l’aceto. Fare asciugare un poco e aggiungere il vino bianco, l’uva passa e i pinoli. Terminare la cottura a fuoco lento con il tegame coperto. A parte servire la radice di kren dopo averla grattuggiata, lavata nell’acqua e mescolata alla panna montata.

TORTA DI RICOTTA
Ingredienti: 300 gr. di ricotta fresca, 300 di zucchero, 300 di farina, 4 uova intere, una bustina di lievito, 50 gr. di uvetta sultanina ammollata nel brandy, la buccia di un limone.
Setacciare farina e lievito, sbattere la ricotta con lo zucchero e i quattro rossi d’uovo, aggiungere la farina con il lievito, la buccia del limone senza la parte bianca e l’uvetta ben scolata la brandy. Aggiungere delicatamente i bianchi d’uovo montati a neve. Cuocere in tortiera imburrata ed infarinata per 45 minuti a 180 gradi.
 

LA GUBANA DELLE VALLI DEL NATISONE.
(Antonio Adami)

Per preparare la PASTA occorrono:
gr. 20 di lievito di birra
3 cucchiai di farina bianca tipo 0
1 etto di burro
la buccia grattugiata di un limone di media grossezza
5 tuorli d' uovo e un albume montato a neve
1 decilitro di latte intero tiepido
gr. 450 di zucchero
una presa di sale fino
1 bicchierino di rhum
1 bicchierino di grappa
servono inoltre: altri gr 600 di farina bianca tipo 0.

Per il RIPIENO occorrono:
gr 250 di noci sgusciate (i gherigli) e ben tritate
gr 250 di mandorle, tolta la pellicina e ben tritate
gr 250 di uva passa (sultanina) lavata e fatta rinvenire nella grappa
1/2 cucchiaino di cannella in polvere, disciolta in una noce di burro in un padellino
1 presa di noce moscata grattugiata finemente
gr 50 di cioccolata in polvere dolcificata
gr 150 di pinoli
gr 100 di zucchero
1 bicchierino di rhum
1 bicchierino di grappa

PRIMA FASE
prima cosa da fare è: preparare il lievito. Si scioglie il lievito in 3 cucchiai di farina assieme a del latte tiepido, mettendo il composto ottenuto a lievitare a parte. Quando si vede che è divenuta una pasta soffice e ben lievitata, si aggiunge il burro disciolto in un tegamino a bagnomaria e s' inizia ad addizionare gli altri elementi: il sale una presa, lo zucchero, la buccia del limone ( e si continua ad impastare, per ben amalgamare ogni componente ) si aggiunge a spolvero il resto della farina, ma, se si vede che nel lavorare l' impasto, questo è troppo asciutto, ci si aiuta con un altro goccio di latte e qualche cucchiaio d' acqua, si seguita con due ( 2 ) dei 3 tuorli d' uovo e s' impasta a lungo, che deve essere il tutto ben morbido e uniforme, meglio è, se si lavora qualche minuto in più. Mettendo quest' impasto iniziale a lievitare di nuovo (come si dice: a riposare) in un ambiente riscaldato sui 25 - 30 gradi o nei pressi di una fonte di calore, vicinanze di un forno, quale fonte di calore.

SECONDA FASE
si prepara nel frattempo il RIPIENO col tritare molto finemente gl' ingredienti solidi: noci, mandorle, pinoli, uva sultanina, amalgamandoli in una ciotola o terrina, con il bicchierino di rhum e di grappa.

TERZA FASE
Quando vediamo che la PASTA è ben lievitata, la rimettiamo sulla tavola e la lavoreremo di nuovo per almeno 10 minuti, aggiungendovi poi: i 3 tuorli d' uovo e 1 bicchierino di rhum, affinchè l' impasto non è morbido e liscio.

QUARTA FASE
Si distende sul tavolo una tovaglia di canapa o lino, chiara, che occupi buona parte del tavolo adagiandovi delicatamente la pasta che indi si dovrà schiacciare fino ad uno spessore di circa 1, 1/2 cm; facendo sempre attenzione che nello schiacciare con il mattarello non si attacchi la pasta alla tovaglia o al mattarello stesso.

QUINTA FASE
preparata così la sfoglia, in modo uniforme si stende su di essa il ripieno, collocandolo in con regolarità fino all' orlo della tovaglia; si pongono sopra dei fiocchetti di burro e alla fine si arrotola: PASTA E RIPIENO aiutandosi con la tovaglia , avvolgendo con delicatezza, perchè non si rompa e screpoli il rotolo della GUBANA con il resto del tuorlo d' uovo ; per ultimo si copre con un panno morbido e si passa al forno a fuoco medio ( 120/150°) per cuocere almeno 40/45 minuti, e oplà ! Si sforna, si attende che sia tiepida e si taglia a fette adagiandole con la paletta sul piatto da dolce, spruzzando ogni fetta con della grappa, grappa prodotta naturalmente, con pere e mele del luogo con un discreto tasso alcolico medio/alto.

E ORA ... DELIZIATEVI !