nuove dal friuli e dal mondo

La Biblioteca di Musica "C. A. Seghizzi" si arricchisce
dell'intero lascito compositivo
del musicista goriziano Giovanni Mazzolini

Un nuovo tassello di crescita culturale si è venuto ad aggiungere nella Biblioteca di Musica "C.A. Seghizzi" con l'acquisizione dell'intero lascito creativo del compositore goriziano Giovanni Mazzolini, che i figli Giuliana, Benito e Claudio hanno deciso di donare generosamente alla prestigiosa Istituzione cittadina. Questa donazione costituisce anche un riconoscimento dell'importanza di questa struttura musicale, che vanta non soltanto l'organizzazione dei concorsi di canto corale e cameristico, ma anche un'intensa attività di ricerca nel settore musicologico. La Biblioteca "Seghizzi", infatti, è promotrice di iniziative di indagine in vari settori della vocalità, della coralità e della pedagogia della musica, alcune già completate ed altre in corso, con particolare riferimento alla storia della musica isontina del Novecento.

In questo ambito si colloca l'importante corpus compositivo di Giovanni Mazzolini, musicista poliedrico che ha riversato il proprio talento in diverse aree, dalla musica leggera alla musica corale (specialmente su testi friulani di poeti isontini), alla musica cameristica. Ebbe premi e riconoscimenti anche prestigiosi, seppur tardivi, ma non tali da compensare e gratificare una continua, lunga e significativa produzione, che richiede a tutt'oggi di essere meglio conosciuta, studiata ed eseguita. Le composizioni di Mazzolini rappresentano anche uno spaccato di gusti, interessi e tendenze musicali di un'epoca e di un territorio ben precisi, dando dunque modo di ricostruire ed integrare la visione di un mondo piccolo, ma importante come cerniera di culture diverse.

E' però opportuno ricordare, almeno sinteticamente, la figura di questo musicista che studiò violino al Conservatorio "Tartini" di Trieste con Johann Bohus e Giuseppe Poropat. A Gorizia fu allievo di Rodolfo Penso sia per violino sia per composizione. Appena diplomato divenne primo violino dell'orchestra del Teatro Verdi di Trieste, anche se poi le necessità della vita lo costrinsero ad esercitare altri mestieri. Una vita comunque musicale la sua, sebbene piuttosto diversificata e divisa fra l’onnipresente e amata composizione ed attività musicali esecutive, che coinvolgevano gli stessi famigliari. Ebbe comunque una buona risposta da parte di esecutori solisti (strumentali e vocali) e cori, tenendo anche in considerazione che fra le sue composizioni vocali e corali predilesse gli Autori locali in lingua friulana e gradese. Una recente pubblicazione, curata da Eraldo Sgubin, raccoglie un importante, ma non esaustivo nucleo di composizioni di Giovanni Mazzolini. Sarà compito del Catalogo, che l'Associazione Seghizzi si accinge a realizzare grazie anche al lavoro della neo-responsabile della Biblioteca, dottoressa Nada Minuzzi, promuovere la conoscenza e stimolare l'esecuzione delle opere di un musicista che con passione e tenacia è vissuto per la musica.

In questo modo la Biblioteca di Musica "C. A. Seghizzi" si inserisce autorevolmente nei filoni di ricerca centrati sulla cultura musicale isontina e goriziana in particolare, nella consapevolezza che la riscoperta e la valorizzazione delle proprie radici, anche quelle musicali, è la condizione essenziale per comprendere il mondo attuale.

ASSOCIAZIONE "C. A. SEGHIZZI"
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IL FRIULI DI MAZZOLINI
(Di Alessandro Arbo - Tratto da "Musiche su testi di autori friulani" del 1999)

E trascorso più di un secolo da quando Stefano Persoglia (in arte Coronato Pargolesi) dava alle stampe la prima raccolta musicale di villette friulane. Fondata su una ricerca originale, quell'opera avrebbe sollevato opinioni discordi. Generalmente apprezzata dai musicisti, che l'avrebbero considerata un'attendibile fonte di riferimento, non sarebbe passata indenne sotto le critiche dei filologi più rigorosi, disturbati dal carattere troppo urbano o salottiero delle armonizzazioni, realizzate nella versione per canto e pianoforte. Cosa avrebbero pensato quei severi censori della musica di Giovanni Mazzolini? È vero che nella sua copiosa produzione la ripresa di motivi originali è meno frequente della libera invenzione; ma è improbabile che il giudizio sarebbe risultato più generoso. Se l'impressione del salotto è lontana, altri elementi appaiono subito poco "ortodossi". Pur rimanendo saldamente ancorata ai gradi fondamentali, l'armonia espone alcuni caratteristici elementi: none di dominante, dominanti secondarie, accordi con la quinta eccedente, passaggi cromatici. Faremmo fatica a giustificare questi materiali sulla base di un repertorio propriamente friulano. Non si tratta nemmeno, del resto, di materiali "colti"; la loro connotazione convenzionale ci porta verso un ambiente sonoro che potremmo definire genericamente canzonettistico o popolare. Viene in luce il mestiere del musicista pratico, abituato a curare l'accompagnamento pianistico di una fresca linea melodica o a tradurla in un semplice coro a quattro parti. L'impressione trova conferma nei brani strumentali, dove l'armonia più libera asseconda una scrittura rapsodica, disposta a seguire senza troppe mediazioni la suggestione di un ritmo, di una breve imitazione, di un contesto dissonante o di qualche sonorità dal sapore più particolare.
Fondata su scelte istintive suggerite dalla pratica esecutiva, questa musica demotiva un'analisi rigorosa, spostando più facilmente l'attenzione sul contesto in cui è stata concepita.
Quando Mazzolini incomincia a interessarsi al canto friulano, l'epoca dei "pionieri" è ormai lontana. Se Persoglia poteva contare su un repertorio ancora vivo (la sua raccolta conteneva una cinquantina di melodie cantate nel territorio goriziano), Seghizzi rielaborava i canti in una versione corale più raffinata e insieme più rispettosa della tradizione. Il suo scrupolo, l'atteggiamento poetico con cui si avvicinava a quelle "gotis di rosade", è già il segnale dei tempi che cambiano. Con i primi decenni del Novecento il canto friulano è un patrimonio coltivato dalle società corali, perché già allora non si poteva più contare sulla sua diffusione spontanea. Quei canti dovevano apparire necessari, del resto, a salvaguardare l'identità o il senso di appartenenza a un territorio soggetto al rapido cambiamento delle situazioni di frontiera. Ai tempi di Mazzolini lo stesso recupero assume un significato per così dire meno impegnato. Più che una sensazione di appartenenza, gran parte dei brani pubblicati in questa raccolta — che ha il merito di dare alla luce un'opera rimasta per lungo tempo nel cassetto — sembra trasmetterci la passione, l'entusiasmo o forse soprattutto la piacevole sensazione di divertimento con cui l'autore doveva dedicarsi a questo repertorio. La scelta dei testi è a favore di una lingua chiara e di immagini solari, alle quali vengono fatte corrispondere armonie ben dichiarate. Nelle frasi e nei ritmi questa musica non nasconde la sua inclinazione per il genere leggero, mitigata da un uso sapiente delle mezze tinte. Anche quando scivola nelle tonalità minori non sembra perdere la sua stabilità, che si direbbe accompagnata da una sensazione di bonaria gioia di vivere, consegnata a un'inesauribile invenzione melodica. Non ci sono particolari sottigliezze da cogliere: si tratta di partecipare, sia nell'esecuzione sia nell'ascolto, a un tono di festa popolare. E questo il modo con cui Mazzolini ci invita ad avvicinarci alla tradizione friulana, gustando le sue melodie e i suoi colori più vivaci.