Approssimandomi all’ottantina (sono solo a poco più di due anni da
questo ‘ambito’ traguardo), vorrei vagare con la mente e stabilire
la mia identità, ovvero la mia appartenenza, ponendomi questa domanda:
Sono Canadese? O sono Italiano? Attraverso gli anni, senz’altro mi son
posto altre volte questa domanda, ma gli impegni di lavoro e della
famiglia, non mi hanno dato il tempo e la necessaria serenità per
poter rispondere adeguatamente.
Ora, alla mia età, il tempo ce l’ho e avendo ormai raggiunto anche una
certa pace interiore con me stesso, ho le necessarie facoltà per una
tranquilla riflessione a questo riguardo. Cercherò qui di dare una
risposta soddisfacente a questa domanda, che a prima vista sembrerebbe
di facile risposta. Ma prima di tutto, dividiamola in due parti dato
che, se pur legate fra loro, sono due domande ben distinte. La prima
parte dunque:
“Sono Canadese? E
se lo sono, che Canadese sono?”
Il Canada è la mia terra di adozione e qui vi abito fin dal dicembre
del 1951. Qui sono arrivato assieme alla mia giovane sposa, e qui con
lei abbiamo formato la nostra famiglia. Non posso non essere
riconoscente al Canada per averci accolti nel subito dopo-guerra ed
averci accettati, fin dal principio, come ‘Canadesi’. Il Canada è
senz’altro una nazione che merita riconoscenza e rispetto da parte
nostra ed io li ho dimostrati non solo usufruendo di tutti i
diritti concessimi, ma pure partecipando, come un buon
cittadino, a tutti i doveri richiestimi.
Ma mentre per i miei figli (tutti quattro nati in
questa terra) preferisco considerarli (e preferirei fossero
considerati anche dagli altri) come ‘Canadesi nati da genitori
Italiani’, personalmente non posso che considerarmi un ‘Italo-Canadese’.
Anche ‘Canadese’ però, perchè sarebbe una imperdonabile mancanza se
non avessi oltre ad un senso di gratitudine per questa terra, anche un
senso storico, perchè, in fondo, sono il ‘Capostipite della mia
discendenza in Canada’ e inoltre godo, e con buone ragioni, della
cittadinanza canadese. Ed ecco la seconda parte della domanda:
“Sono Italiano? E se lo sono, che
Italiano sono?
Questa seconda parte della domanda originale, è la più difficile da
rispondere! Certamente, sono italiano per nascita, cittadinanza che
nessuna legge avrebbe avuto il diritto di togliermi, senza un mio
formale e pubblico ripudio di essa.
Sono uscito dall’Italia già dalla seconda metà del 1946, ad un anno di
distanza, poco più, dalla fine della seconda guerra mondiale. Dopo
cinque anni di emigrazione stagionale in Svizzera, sono emigrato
permanentemente in Canada.
Mi sia permesso di inserire qui due stralci presi dalla mia “Storia di
Vita Vissuta”, scritta esclusivamente per i miei figli e figlie,
perciò interamente inediti. Il primo dimostra lo stato d’animo di un
giovane diciottenne nel giorno del suo primo espatrio. Il secondo
quello di una famigliola appena formata nel momento di lasciare
l’Italia. Ed ecco il primo :
Una volta in Canada e trascorsi alcuni anni, mi sono sentito in
obbligo di farmi cittadino canadese, per rispetto e riconoscenza alla
terra che mi aveva ospitato e nessuna legge italiana, solo per questo,
avrebbe dovuto vergognosamente togliermi la cittadinanza italiana, che
mi apparteneva e mi appartiene ancora per nascita.
A questo riguardo, molti anni or sono, ho scritto un articolo sull’Ora
di Ottawa, prima ancora che la legge venisse revocata e nessuna
autorità ha sentito l’obbligo, non dico di scusarsi, ma almeno di
rispondere con comprensione!
Per questo devo qualificare la mia risposta:
-
Sì, sono Italiano, ma non nel senso
moderno della parola, ovvero, non essendo stato presente in Italia
negli ultimo dieci lustri, non posso essere ne un italiano politico,
ne un italiano del progresso e del benessere materiale degli ultimi
decenni. In altre parole sono un italiano che ha riacquistato la
cittadinanza italiana per proprio sentimento, non per merito di una
nuova legge che crede di avermela riconcessa.
-
Sono un italiano che ha diritto al
voto in Italia, o qui in Canada attraverso l’Ambasciata, ma per
rispetto degli italiani in Italia, che dovrebbero vivere con le
conseguenze di questo mio voto, non penso sia giusto esercitarlo.
-
Sono un italiano legato
sentimentalmente alla mia Patria non per quello che mi ha dato
politicamente, o materialmente da giovane, perchè quello che può
avermi dato nella mia infanzia e addolescenza è ben poco. Ed anche
questo poco è stato più volte annullato dalla dura guerra patita in
giovanissima età, seguita dalla partenza per trovare una
sistemazione all’estero, chè la Patria allora non mi poteva dare! E
il ricordo di questa guerra coi suoi patimenti e paure, me li sono
dovuti portare con me per tutta la mia ormai lunga vita.
-
Sono un italiano delle tre guerre
d’Indipendenza, fatte per unire questa nostra Italia; ma non sono un
italiano delle due ultime guerre mondiali (1915-‘18 e 1940-’45). Se
la prima guerra mondiale può avere una certa giustificazione con
delle legittime aspirazioni, la seconda e stata totalmente una
guerra assurda!
Per questo, non è che non consideri tutti eroi i soldati e civili
caduti durante queste guerre! Visitando i Sacrari di Redipuglia e di
Caporetto, mi sono sentito immensamente toccato dal sacrificio di
questi giovanissimi soldati. Centomila a Redipuglia, sessantamila dei
quali senza nome! Settemila a Caporetto! E questi non sono che una
minima parte di coloro che hanno perso la vita fra la nostra gente,
che con queste due guerre, si può ben dire ammontino a qualche
milione!
Sono un italiano del retaggio tramandatomi dagli avi; un italiano
della gloria di Roma, e di Aquileia; un italiano di quei Papi che
hanno fatto bene alla religione e all’Italia; un italiano degli eroi
del risorgimento; un italiano del rinascimento, e così via.
Ma soprattutto sono un italiano della lingua di Dante, che mi è stata
insegnata in Italia e che io ho cercato di approfondire con la lettura
in questa gloriosa lingua, imparando nel contempo la storia e la
cultura italiana in Patria e nel mondo!
Non sono un italiano quando vedo e sento questa lingua strapazzata,
includendo troppe e inutili parole straniere e nessuno che senta
l’obbligo morale di difenderla come si dovrebbe!
Non che sia contrario ad un bilinguismo anche per l’Italia. Con
l’appartenenza dell’Italia all’Europa sarà senz’altro necessario.
Ma bilinguismo non vuol dire prendere due lingue e fare un minestrone,
ma vuol dire imparare una nuova lingua per poter esprimersi con il
mondo che sta diventando sempre più piccolo, mantenendo con orgoglio
però la lingua dei padri.