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Abbazia di Rosazzo, 26 Settembre 2006

PER NON DIMENTICARE
un'esperienza che ci ha segnati

I "volontari dell'Abbazia" (presenti alcuni membri della Consiglio di Rettoria), si sono riuniti nella Sala degli affreschi (forse per l'ultima volta), per esaminare la situazione dopo le importanti modificazioni avvenute  nella conduzione  dell'abbazia, delle quali sono venuti a conoscenza unicamente attraverso la stampa. Alla luce di questi fatti, il Consiglio di Rettoria ha annunziato le sue dimissioni ed il gruppo dei volontari più che mai compatto, ha concordato sulle conseguenti decisioni da prendere...


...mentre l'obbiettivo implacabile immortalava la delusione disegnata sui visi di tutti...

...era presente l'ex rettore dell'Abbazia don Dino Pezzetta, che salutando e ringraziando tutti ha consegnato e letto una dettagliata relazione sugl'importanti traguardi raggiunti in questi anni, augurandosi che i nuovi dirigenti continuino su quella strada...

Cari amici, siamo dunque arrivati ai saluti.
Fino a ieri pensavo di congedarci così, semplicemente. Ma questa mattina ho pensato di stendere queste brevi riflessioni: per condensare in alcune righe le mie salutazioni di questa esperienza che ci ha coinvolti in questi anni. E invitare tutti a riflettere sulla qualità di questa occasione che ci è stata offerta -irripetibilmente - nella nostra vita. E questo per non cadere nei soliti luoghi comuni o, peggio ancora, limitarci agli aspetti negativi o limitanti.
 

IL PUNTO DI PARTENZA

dovrebbe essere chiaro a tutti: un progetto che la nostra chiesa locale ha ideato ed ha voluto. Per quanto, soprattutto nei primi anni (1994, 1995. 1996), la componente personalistica è stata preponderante, il 'Progetto Rosazzo' è stato proposto e attuato come un'idea della chiesa locale.
Nei primi anni 90 la chiesa di Udine ha maturato due consapevolezze, soprattutto sotto la spinta del suo vescovo Battisti e del papa Giovanni Paolo II in visita in Friuli:

  • La prima è stata quella di trovarsi a vivere la propria fede in un territorio interessato ad avvenimenti epocali per la nostra storia. L'Abbazia millenaria di Rosazzo ora riscopriva la sua antica vocazione di luogo di incontro e di dialogo fra le popolazioni di area germanica, slava e latina.

  • La seconda è stata la consapevolezza, condivisa con la chiesa universale, dei nuovi impegni della 'nuova evangelizzazione': proporre il Vangelo di Cristo in una società che lo ha ridotto ad una tradizione cristiana, costretta ad inseguire i mutamenti e non ad ispirare scelte e comportamenti.

II 'Progetto Rosazzo', inziato l'1 maggio 1994, si articola dunque in tre punti fondamentali:

  • a. sul piano locale (l'Abbazia non è più soltanto un edificio millenario che incombe sul territorio ma luogo di cultura, di dialogo, di promozione umana, di annuncio del Vangelo. Grazie all'apporto di gruppi volontari e il sostegno dei comuni del Distretto Industriale, Rosazzo promuove un'opera umanitaria internazionale che apre le porte del dialogo culturale e religioso nei paesi dell'Est europeo);

  • b. sul piano diocesano (Rosazzo non è più soltanto l'azienda vinicola del Vescovo. L'Abbazia ora s'impone sempre di più nell'immaginario diocesano e regionale come luogo d'incontri, di spiritualità, di iniziative europee. E dimostra come sia possibile gestire un'istituzione ecclesiastica millenaria in modo serio e competente con una équipe di cristiani laici);

  • c. sul piano ecclesiale (per la prima volta, dopo 1000 anni di separazione tra ortodossi e cattolici, si fanno 'prove di riavvicinamento' tra i cristiani dell'Est e Ovest, e per la prima volta dopo 500 anni dalla frattura tra protestanti del Nord e cattolici del Sud, in questi spazi si prega, ci si confronta, si amministrano con liturgie ecumeniche i sacramenti del battesimo e del matrimonio).

Non è qui il caso di elencare a voi, che siete stati insieme a me i titolari ed i promotori di tante iniziative, ecclesiali, culturali, umanitarie in questi 12 anni. Mi limito ad una constatazione: Rosazzo, come luogo di incontro e di dialogo, ha acquisito credibilità sia a livello locale che europeo ed internazionale.
 

IL FUTURO DI ROSAZZO

Rosazzo può aver futuro soltanto nella continuazione di questo progetto: ovviamente riconsiderato, ma non snaturato nel suo spirito.
A questo non bastano generiche attestazioni, ma s'impongono scelte che confermino l'esperienza vissuta ed al tempo stesso colmino certe lacune che si sono via via evidenziano hi questi \1 anni. Brevemente:

L'impegno della diocesi
La Diocesi deve assumersi la titolarità dell'esperienza abbaziale. Soprattutto in campo ecumenico, trattandosi di dialogo tra chiese, è indispensabile che la controparte abbia in Abbazia il Vescovo o il suo rappresentante. Altrimenti si tratterà di discorsi più o meno culturali, non impegnativi per la chiesa locale.
Più in generale, deve risultare chiaro il protagonismo diocesano anche nelle diverse fasi d'impegno: obiettivi, programmazione, confronti e valutazioni dell'esperienza.

L'informazione ecclesiale
Il 'popolo di Dio' dev'essere informato dell'esperienza mediante gli strumenti di comunicazione ecclesiali (Vita Cattolica, Radio Spazio, Rivista Diocesana...). Non è esperienza ecclesiale quella che, pur sponsorizzata dalla Diocesi, non viene partecipata alla chiesa né da questa condivisa.
Se è vero per la società civile il detto "ciò che non si sa non accade", lo è ancor più vero all'interno della chiesa, dove il criterio per stabilire il modo corretto di credere (orto-dosssia) è quello del modo corretto di operare (orto-prassi). Alle affermazioni di principio devono seguire scelte pratiche conseguenti. Il disinteresse informativo per quel che succede in Abbazia esprime un disimpegno.

L'obiettivo prioritario
E' l'annuncio del Vangelo. Tutti gli altri fini, obiettivi, impegni, problemi verranno in subordine. Non si danno esigenze burocratiche che giustifichino deroghe da una corretta gestione delle strutture (es. il non adeguamento alle disposizioni di legge).
Non esistono problemi economici che impediscano o sconsiglino l'accoglienza dei meno abbienti (es. gruppi giovanili o parrocchiali o senza etichetta).
Non possono qui valere abitudini inveterate per cui si sconsiglia il dialogo con i non cattolici (o i cristiani critici, o non cristiani, o pentecostali, musulmani, non credenti, devianti).
L'esempio per noi è quello di Gesù, in dialogo con tutti per offrire a tutti il messaggio del Regno.

Leggere con spirito di fede i segni dei tempi
Vediamo l'Abbazia come una casa di dialogo e di accoglienza piantata nel cuore della nuova Europa dei popoli (ci troviamo a vivere in un crocevia di culture e di religioni, in un angolo dell'Europa che rappresenterà il successo o il fallimento della convivenza tra i diversi).
Rosazzo ci è offerto come una grande opportunità per aiutare efficacemente famiglie che vivono l'unica fede in Dio con esperienze storiche differenti (per scoprire insieme il senso e le possibilità di fede anche nei matrimoni e convivenze tra partner di diversa tradizione religiosa, le possibilità di arricchimento e di integrazione nelle diversità culturali e religiose, di preparazione a accompagnamento singoli e coppie alla celebrazione 'ecumenica' dei sacramenti).
Aiutare gli altri a crescere nella fede significa evangelizzarsi. E' l'esperienza che ciascun catechista delle nostre comunità fa ogni giorno e che ciascuno di noi, insieme ai tanti 'volontari' impegnati a Rosazzo od a Vetren, ha vissuto in questi anni sul terreno concreto della prassi.


Per concludere

Chi più, chi meno, chi per tanti e chi per pochi anni, tutti insieme abbiamo fatto comunque una grande esperienza: una porzione di popolo di Dio ha preso coscienza delle proprie capacità e responsabilità in un momento storico importante per le nostre comunità.
Abbiamo sofferto dei limiti ma pure condiviso tante ricchezze personali, conosciuto compagni di viaggio interessati soltanto al bene dei più poveri ed esclusi, appassionati anche quando -normalmente - avrebbero avuto tutti i loro buoni motivi per abbandonare il campo. In altre parole, questa si chiama una 'esperienza di fede '.
E di questo dobbiamo sentirci grati, senza alcun bisogno di riconoscimenti: perché siamo già appagati. A conclusione di questa bella esperienza, continuiamo a camminare come lo Spirito si suggerirà: in 'ordine sparso' ciascuno nel suo mondo d'esperienza, o forse come 'gruppo compatto', se saremo capaci di prospettare iniziative condivise e appassionanti.
Io vi dico un grande grazie: per la ricchezza umana e cristiana che avete dimostrato nei miei confronti. Per tutto quello che avete testimoniato per l'Abbazia ed i suoi progetti, l'obbligo spetta al padrone del campo: saprà lui, nei modi che solo lui conosce, come retribuire i lavoratori alla fine della giornata.

don Dino Rosazzo, martedì 26 settembre 2006

Il gruppo di volontari in posa per la foto ricordo (più che mai decisi di rimanere uniti), hanno stabilito di incontrasi almeno una volta al mese, in attesa di esaminare nuovi programmi di solidarietà.
     Vorrei tanto sbagliarmi, ma a mio modesto parere l'avvenire dell'Abbazia è già da tempo ben disegnato, ma in quel programma la voce "progetto Rosazzo" non compare. AT