nuove dal friuli e dal mondo

8 Agosto 2006

Ricordate le vittime della tragedia di Marcinelle

     Giornali e stampa di tutto hanno ricordato la tragedia a 50 anni dall'evento, ma noi attiviamo questa modesta pagina semplicemente con le foto (recuperate chissà dove e inviate tramite Bruno Corva di Cavasso Nuovo), da Duilio D'agnolo un friulano residente in Belgio.



L’ANNIVERSARIO
La mesta cerimonia di commemorazione tenuta in Belgio a cinquant’anni di distanza dalla tragedia
A Marcinelle 262 rintocchi per non dimenticare 

     Marcinelle (Belgio) - "Il passato sia presente nel futuro": è il motto scritto sul fazzoletto indossato da migliaia di persone alla celebrazione per il Cinquantenario della tragedia mineraria di Marcinelle . Alle 8,10 dell'8 agosto del 1956 262 minatori, di cui 136 italiani, sono scesi a oltre mille metri di profondità per "guadagnare un franco", ma non sono mai più risaliti. A ricordarli ieri, come ogni anno, 262 rintocchi di campana, che echeggiano in un silenzio carico di commozione e memorie. A ucciderli uno stupido incidente, che ha scatenato una tragedia che ha segnato la storia del Belgio e della migrazione italiana. Erano giorni in cui la sicurezza sul lavoro non esisteva. Giorni in cui gli italiani non erano considerati uguali ai loro colleghi belgi. Dopo la tragedia le cose sono cambiate: le miniere sono state messe a norma e molti italiani hanno smesso di strisciare in cunicoli alti mezzo metro, inserendosi nella società belga.
Una storia di lavoro duro e di migrazioni. Ora l'Italia è nel ruolo di paese ricevente. Ce lo ricordano i nostri politici: da Prodi a Bertinotti, Napolitano, Damiano: sacrosante parole spese contro le morti bianche sul lavoro e di solidarietà ai migranti.
     Ma a
Marcinelle dell'entourage di governo si è visto solo il viceministro agli Italiani all'Estero, Danieli, arrivato in ritardo e andato via presto. Presente anche il suo predecessore Tremaglia, che sceglie di non polemizzare per le assenze governative.
     La presenza più autorevole è quella di uomini e donne col viso segnato dagli anni e dal lavoro, ma anche dal ricordo di quei giorni tragici. Uno dei primi soccorritori, Rino Tesser, racconta che il suo ricordo più angosciante è il rumore dei pugni dei compagni intrappolati ma ancora vivi, dati sulle condotte di ferro per attirare l'attenzione, ma "i giovani, però, di queste cose non sanno niente".

(Matteo Manzonetto Il Gazzettino di mercoledì 9 Agosto 2006)