curiosità di ieri e di oggi

 Agriturismo "Ai Colonos"
Villacaccia di Lestizza, 26 Agosto 2003

L'orde
cuant che i albanês o jarin nô
(quando gli albanesi eravamo noi)

libar adatament senic dal libri di GIAN ANTONIO STELLA par cure dal TEATRO INCERTO

interpretis: CHIARA DONADA, FABIANO FANTINI, CLAUDIO MORETTI, STEFANO RIZZARDI, ELVIO SCRUZZI, GIANLUCA VALOPPI
traduzion furlane: FEDERIGO ROSSI
progjet: Colonos / Culturis in siele

Successo di pubblico per "L’orda" teatrale nell’aia di Avostanis
(di Gianpaolo Carbonetto)

Una recitazione tesa e avvincente
ha saputo cogliere i punti fondamentali nella storia del saggio.

     Tutti i posti a sedere dell'aia dei Colonos erano occupati e, attorno alle panche e alle sedie, moltissime persone sono rimaste in piedi, pazienti è silenziose, ad ascoltare è a guardare uno spettacolo che fino a non molti anni fa molto probabilmente non sarebbe riuscito a richiamare le diverse centinaia di persone che abbiamo visto l'altra sera a Villacaccia davanti a Chiara Donada, Fabiano Fantini, Claudio Moretti, Stefano Rizzanti. Bivio Schizzi e Gianluca Valoppi impegnati a portare sulla scena L'orde – cuant che i albanês o jerin nô, tratto dall'omonimo libro di Gian Antonio Stella i cui brani sono stati tradotti da Federico Rossi e accompagnati dalla proiezione degli efficacissimi disegni di Ivo Valoppi.
     Non è facile portare sul palcoscenico un romanzo, e ancor più ostico e riuscirci con un libro di saggistica, soprattutto se è stato scritto da un giornalista bravo e, quindi, si tratta di un testo denso e asciutto, dal quale nulla si può togliere a cuor leggero.
     Eppure i sei del Teatro Incerto sono riusciti a fare un ottimo lavoro individuando e mettendo in risalto, pur nella ristrettezza dei tempi, il nucleo, o meglio i nuclei fondanti del lavoro di Stella e traendone una recitazione sempre tesa, capace di legare esplicitamente gli orrori di ieri con quelli di oggi, di far capire che a creare le differenze non sono le razze, ma è la povertà, l'ignoranza, la schiavitù. Che per gli italiani e i friulani l'orgoglio di essere cresciuti fino al punti in cui si è oggi non deve essere occasione per guardare con superiorità e disprezzo gli altri, ma motivo per comprendere meglio i problemi e le difficoltà altrui, per dare una mano agli ultimi a risalire la china della civiltà e del benessere.
     Non si può dimenticare, infatti, che nei lunghissimi anni dell'emigrazione obbligata gli italiani hanno perduto 27 milioni di padri e di fratelli, una perdita che è la testimonianza storica di una cocente sconfitta dalla quale poi, però, si è potuti risalire esercitando un diritto che non si può e non si deve negare agli altri.
     Ma torniamo al pubblico strabocchevole visto ieri sera. Sarà stato la fama di Avostanis che, con il suo impegno civile, ha saputo sempre più illuminare una propria nicchia di interesse. Sarà stato il richiamo di un libro, quello di Stella, di cui si è parlato tantissimo. Sarà stato la bravura degli interpreti che sono particolarmente apprezzati dal pubblico friulano. Ma soprattutto, a decretare il successo della serata credo sia stato un risveglio della coscienza civile di tantissima gente, sia stata una nausea che prende sempre di più di fronte non alla mancanza, ma al rifiuto esplicito dei valori.
     E nell'aia dei Colonos non c'erano soltanto attempati signori, ma anche moltissimi giovani, a dimostrazione che, pur in carenza di denaro e in lunghe assenze di politiche culturali, il Friuli ha saputo crescere moltissimo intellettualmente è socialmente.

Un’emigrazione vista senza censure
(di Silvano Bertossi)

Momenti di vergogna e di tristezza con il Teatro Incerto

Orda, comunità di nomadi cacciatori e primitivi, anche gruppo disordinato e violento.
     L'orda - Quando gli albanesi eravamo noi, libro di Gian Antonio Stella, ha fornito lo spunto ed è stato motivo di provocazione per una piece teatrale, messa su in soli sei giorni dagli attori del Teatro Incerto. Bravissimi tutti gli interpreti Chiara Donada, Fabiano Fantini, Claudio Moretti, Stefano Rizzardi, Elvio Scruzzi, Gianluca Valoppi. Hanno raccontato, leggendo e interpretando alcune pagine del libro (le traduzioni in friulano erano di Federico Rossi), il doloroso dramma dell'emigrazione, l'esasperazione e la violenza che gli emigranti italiani in America hanno dovuto subire per un tozzo di pane.
     Le attinenze tra gli extracomunitari che arrivano adesso in Italia e gli italiani che emigravano in tutti i Paesi del mondo sono moltissime: Stella dice che la differenza fra loro e noi è soltanto temporale.
     Le condizioni igieniche in cui vivevano, le accuse di terrorismo, i viaggi fatti in condizioni difficilissime come clandestini o ammassati nelle stive delle navi come disperati, il modo di procurarsi i soldi per il viaggio vendendo tutto quello che avevano, l'emarginazione da parte degli stanziali che sostenevano che gli emigrati portavano via il lavoro sono le affinità tra i nostri emigranti e gli extracomunitari. A proposito dell'ostracismo si ricorda una caso accaduto in Francia, nella Camargue, nella salina di Aigues Mortes, quando i lavoratori francesi si rivoltarono contro gli italiani perché lavoravano per un compenso più basso. Quando gli italiani furono costretti a lasciare la Francia, a Marsiglia il treno fu bloccato da francesi che massacrarono decine di persone.
     La realizzazione drammaturgica è nata da un'idea di Federico Rossi e il lavoro è stato prodotto dall'Associazione culturale Colonos assieme a Culturis in Siele di Sedilis, in una scenografìa essenziale ed efficace, gli attori hanno letto brani del libro, documenti, citazioni, frasi di giornali d'epoca, testimonianze storielle, lettere di emigranti. Da tutto questo è uscito che gli emigranti italiani venivano chiamati "zingari d'Italia", definiti brutti e sporchi e anche feccia del mondo.
     Che in Svizzera c'erano cartelli che dicevano "Vietato l'ingresso ai cani e agli italiani", mentre negli Stati Uniti i cartelli ripetevano lo stesso concetto con la differenza che l'ingresso era vietato "ai negri e agli italiani".
Ora dell'emigrazione italiana si tende a dare una visione edulcorata, c'è la tendenza a sostenere che gli emigranti friulani hanno sempre fatto una bella figura, si sono comportati bene, si tende a sottolineare solo il lato positivo dell'emigrazione e a passare sotto silenzio quello negativo. Ma la realtà che esce dallo spettacolo è molto diversa. Anche noi eravamo dei poveracci che andavano a cercare fortuna.

(Messaggero Veneto del 28/08/03)

 Alcune scene ripresa prima e durante lo spettacolo

 ...cosa si scriveva sui giornali dell'epoca...

"Sono briganti, lazzaroni, fannulloni, corrotti nell'anima e nel corpo" (Australian Workman, Austriia, 24.10.1890).

"Si suppone che l'Italiano sia un grande criminale. E un grande criminale. L'Italia è prima in Europa con i suoi crimini violenti... Il criminale italiano è una persona tesa, eccitabile, è di temperamento agitato quando è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo stiletto... Di regola i criminali italiani non sono ladri o rapinatori - sono accoltellatori e assassini" (NewYorkTimes, 14-5-1909)

"Gli immigrati che vengono dalle province al di sotto del 45° parallelo sono, con poche eccezioni, dei malfattori. Quelli dalle province a nord di questo parallelo si sono dimostrati soddisfacenti lavoratori e timorosi della legge" (Letare "sientifìche" di un letôr al San Francisco Croniche, 1904)

"La percentuale degli stranieri con un'età mentale inferiore a quella di un undicenne è del 45,6%..." (North American Revue, 1922)

 Gli attori del Teatro Incerto, al termine dello spettacolo