curiosità di ieri e di oggi

Sante Sabide
San Andrat del Cormor (Talmassons)

Durante uno dei miei recenti viaggi nella "Bassa Friulana", mentre stavo fotografando un capitello nei pressi della Parrocchiale di San Andrat del Cormor, due gentili signore che passavano di lì per caso, mi hanno spiegato perchè è stato costruito quel monumento e perchè è stato dedicato a "Sante Sabide".

Tratto da:
MEMORIE DI UN BIENNIO DI GUERRA
(A cura di Roberto Tirelli)

SANT ANDRAT DEL CORMOR, 28 APRILE 1945

Chi, provenendo da Castions di Strada, giunga in Sant'Andrat trova davanti a sé, sulla facciata di un grande edificio una lapide sulla quale, ormai con difficoltà per l'usura del tempo, si possono leggere queste parole:

IL 28 APRILE 1945 A QUESTO MURO 35 PERSONE VENNERO ALLINEATE DAVANTI AL PLOTONE DI ESECUZIONE COSACCO. I VOTATI ALLA MORTE MIRACOLOSAMENTE SALVATI QUESTO MARMO COLLOCARONO, PERCHÉ NEI FIGLI VIVA IL RICORDO DELLA TRAGICA GIORNATA.

          È la testimonianza visibile di quel che accadde in questo piccolo paese di pianura negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale, ove protagonista fu la gente comune, coloro che allora si chiamavano civili, gente inerme, vittime di un conflitto feroce ove non vi era soltanto il naturale contrapporsi all'invasore nazista ed ai cosacchi suoi alleati, ma anche un confronto decisivo fra le formazioni partigiane sul futuro di questa terra e dell'Italia tutta.Come per il tristemente famoso eccidio delle Fosse Ardeatine in Roma la rappresaglia non ci sarebbe stata senza un attacco  dei garibaldini nei confronti dei cosacchi, ormai rassegnati al loro infelice destino. Fortunatamente per la gente di Sant'Andrat ci fu soltanto una memorabile paura, ma avrebbe potuto esserci un eccidio.
          Il diario di don Enrico D'Ambrosio narra con molti particolari quel che accadde nella mattinata del 28 aprile, sotto un cielo gonfio di nubi primaverili, foriere di pioggia. Da qualche giorno in paese i partigiani dell'Osoppo hanno portato, proprio nella canonica, il comando dei loro reparti di pianura. C'è tutto un via vai di resistenti senza eccessive prudenze poiché nonostante tutto la pace appare vicina, anche se non mancano timori di rappresaglie. E proprio in quel giorno di primavera c'è un matrimonio: una giovane di Sant'Andrat, Pittaro Solidea va in sposa al mugnaio di Mortegliano, Vittorio D'Olivo. È una festa che rispecchia ancora la tradizione e la gente accorre numerosa in chiesa. Ecco la testimonianza di pre Rico:
          "Celebrato il matrimonio, inizio la S. Messa. A metà rito si ode una scarica di mitra vicinissima. E poi un'altra e un'altra ancora. Ma cosa succede? Cosacchi... Tedeschi... Partigiani? La battaglia infuria proprio davanti alla chiesa. Panico, terrore fra i fedeli... Qualcuno mi informa che ci sono dei morti. Il mio dovere è preciso: correre dove si muore. Le vie sono ormai deserte, non si vede un'anima viva. Lungo la strada cadaveri, pozze di sangue, lontano si ode qualche raffica ancora. Mi accosto ai cadaveri. Sono cosacchi. Tutti hanno il viso orrendamente sfigurato. Ma chi ha sparato ? Lo seppi poi. Un gruppo di appartenenti alle formazioni garibaldine in agguato proprio di fronte alla chiesa, fece macello di quanti cosacchi passavano a tiro. Una carneficina! "
          Dopo questo atto irresponsabile quanto inutile di terrorismo ci si deve attendere la rappresaglia. Per questo gli osovani lasciano la canonica e molti uomini il paese fuggono in campagna. Don Enrico resta: "Sono le 14. Una donna agitatissima si presenta a casa mia: Signor Parroco corra in piazza: i cosacchi stanno per fucilare gli nomini. Non ho un attimo di indecisione: vado a morire anch'io. In piazza realmente si stava preparando la tragedia. Un gruppo di uomini e di giovani, compresi gli sposi della mattina, venivano allineati a ridosso di un muro. Davanti un forte nerbo di armati. Facce patibolari, livide di odio e di ferocia. Li riconobbi immediatamente: le SS casacche. Mi presento al comandante: Cosa volete fare di questi uomini? - Sono partigiani. Moriranno tutti... Il cosacco ed il prete si scambiano alcune battute, ma non c'è niente da fare: è la vendetta. Don Enrico è sospinto fra coloro che attendono di morire: "E noi lì in attesa che il rastrellamento terminasse e che una scarica di mitra stroncasse la nostra vita. Quanto durò quell'agonia? Un minuto o un secolo? Io intanto cerco la forza per rivolgere ai miei figli parole di conforto e di incoraggiamento. Parlo loro dell'anima, del cielo. I cosacchi ritrovano in paese un altro corpo dei loro e sono decisi a farla finita: Allineati a ridosso del muro aspettiamo l'ordine fatale. Scena che non si descrive. Qualcuno, spezzato dall'emozione non si regge in piedi. A questo punto il sacerdote si offre di morire per lutti, ma il suo sacrificio non viene accettato, anzi viene allontanato. Tutto è pronto per l'esecuzione. "Mi allontano per qualche decina di metri - nota pre Rico - ed ecco una coraggiosa signorina giunta da chissà mai dove, tutta trafelata mi viene incontro e con voce spezzata dall'emozione mi grida: È la pace! Si è la pace: la radio in questo momento la sta annunciando! In quel momento un'onda di suono riempiva l'atmosfera. Erano le campane di Castions che suonavano a distesa per un provvidenziale equivoco. Un'armonia travolgente, portata da chissà qual vento di miracolo riempiva la piazza: Sentite - ripetevo io - è la pace! In nome di Dio non sparate! Si è la pace - concluse il comandante."
          Tutti furono portati a Talmassons ove vi era il comando cosacco. Il comandante ascoltò la preghiera del parroco e due ore dopo fecero ritorno a casa, a sera inoltrata, sani e salvi, tra gli abbracci dei loro cari. La terribile giornata era terminata. Di li a poco lo sarebbe stata anche la guerra. Il I° maggio, infatti, arrivarono le prime autoblindo inglesi e fu, fra la gioia di tutti, la liberazione. Le testimonianze rese dagli altri protagonisti della giornata concordano con quanto illustrato dal parroco nel suo Diario e traducono tutte le apprensioni del passare dal clima di festa suscitato dalle nozze al terrore di una condanna senza appello. Il racconto dei tragici fatti è quanto si tramanda oggi alle nuove generazioni di Sant'Andrat e costituisce un patrimonio molto importante di memorie per consolidare l'identità paesana.