Grado, 5 Settembre 2003
Il mondo di Bach
Cantate sacre II
Orchestra
barocca del FVG
"G.B.Tiepolo"
Coro del FVG
J.S.Bach
Cantate Sacre BWV 105, 199, 78
Soprano: Laura Antonaz
Contralto: Margot Oitzinger
Tenore: Frit Steinbacher
Basso: Ulfried Staber
Direttore: Paolo Faldi
NOTE ESECUTIVE
Presentare ben cinque cantate di Bach richiede un notevole lavoro, sia di
concentrazione sia di preparazione. Proporle poi in un'unica serata avrebbe
richiesto un'eccessiva pazienza da parte del pubblico: non dimentichiamo che,
se è pur vero che ci troviamo dinanzi ad alcuni dei massimi capolavori della
musica sacra di ogni tempo, contemporaneamente ci rendiamo conto che le
cantate di Bach racchiudono in loro una cosi grande carica di spiritualità, di
severa contrizione, una visione tipicamente protestante e luterana, che non
può essere rovesciata senza misura sulle spalle, o meglio sulle orecchie, dal
pubblico, per quanto sensibile possa essere. Ecco quindi la scissione: due
diversi programmi, con la Cantata solistica BWV 199 a fare da perno. Abbiamo
cosi la possibilità di presentare le Cantate BWV 33, 199 e 102 a S.Vito al
Tagliamento a Tolmezzo mentre le Cantate BWV 78, 199 e 105 verranno eseguite a
Grado, con replica il 7 settembre a Venezia per le "Feste musicale di San
Rocco". La Cantata BWV 199 racchiude in sé alcuni aspetti interessanti che
meriano di essere analizzati. Il nostro Giovanni Tasso bene ricorda che la
prima esecuzione della cantata risale al periodo di Weimar e precisamente
all'agosto 1713, ma la stessa venne ripresa da Bach per ben tre volte, in tre
versioni differenti. Presentiamo qui la terza edizione, quella di Lipsia del
'23, quindi viene inserita di diritto all'interno della produzione sacra
commissionata al Cantor dalla Chiesa di San Tommaso. Qui Bach si trovò a dover
risolvere un problema. Il Chorton e il Kammerton, letteralmente
"intonazione da coro" e "intonazione da camera", differivano di un intero tono
l'uno dall'altro. Il Chorton, più acuto, era usato per la scrittura
delle parti vocali, dell'organo e degli archi mentre il Kammerton
serviva per i legni, che venivano registrati in fase costruttiva tenendo conto
di questa precisa indicazione. Tutto dipendeva dall'accordatura dell'organo:
se la preferenza veniva data a un suono più acuto, quindi con canne più corte
(senza trascurare completamente considerazioni di tipo economico), gli archi
si accordavano di conseguenza aumentando la tensione delle corde con l'aiuto
dei piroli e i legni venivano semplicemente costruiti più corti. Raramente gli
strumentisti delle chiese svolgevano un'attività itinerante e quindi il
problema di utilizzare, in luoghi diversi, strumenti predisposti per
determinati ambienti veniva considerato decisamente trascurabile. Dunque, il
Bach di Weimar poteva disporre di un organo probabilmente dotato di hoher
Chorton (un Chorton ancora più acuto) mentre a Lipsia si preferiva il più
frequente Kammerton. Una bella seccatura per il nostro compositore, che
doveva ogni volta trascrivere qualche parte o trasportare all'organo da una
tonalità all'altra. In conclusione, per quanto riguarda la cantata BWV 199, se
a Weimar la partitura appare nella tonalità di do minore, per l'esecuzione di
Lipsia, volendo mantenere acusticamente la stessa altezza delle note, essa
dovrà essere eseguita un tono sopra, ovvero in re minore, con conseguenti
benefici nelle parti del soprano, in questo caso la brava Laura Antonaz, e dei
solisti. La versione di Lipsia presenta un'altra particolarità, che risolve
una spina nel fianco dei filologi: il corale «Ich, dein betrübtes Kind» nella
versione sassone dedica la linea di accompagnamento a un violoncello piccolo,
come presentiamo in quest'occasione, risolvendo l'equivoco riferimento alla
viola delle lezioni precedenti (da braccio o da gamba?).
La cantata BWV 105 offre uno dei momenti più ispirati dell'intera produzione
bachiana: l'aria «Wir zittem», in cui l'accompagnamento senza basso continuo e
l'impiego della tecnica del tremolo da parte degli archi per descrivere quanto
"tremano e vacillano i pensieri dei peccatori" fa da contraltare alle brevi e
languide esclamazioni dell'oboe e del soprano. Il tremolo è un colpo d'arco
che ha subito una forte evoluzione, soprattutto terminologica, assumendo nei
secoli connotazioni sempre diverse e trovandosi via via a significare il
trillo, il vibrato della mano sinistra o il rapido tremolio dell'arco tipico
dei momenti di grande attesa drammatica nell'opera lirica. Al tempo di Bach il
tremolo descriveva un aumento e una diminuzione della pressione da parte della
mano destra, e in particolare dell'indice, che, posato sull'arco, porta ad
aumentare e diminuire l'intensità del suono all'interno di una stessa arcata.
Per chiarificare questo concertato, agli allievi si cerca di far immaginare
una fila di salsicce o le increspature di un mare poco mosso.
In questo caso, l'impiego di uno strumento a pizzico per la realizzazione del
basso continuo, pratica non scritta ma spesso sottintesa dal compositore, dato
che un liuto o un chitarrone poteva evincere facilmente gli accordi da
realizzare guardando la partitura, non ci è sembrato adatto a rendere questa
pagina, tersa e drammatica a un tempo. Inoltre le modalità di impiego degli
strumenti a pizzico nella musica di Bach, in particolare quella sacra, non è
mai stato del tutto chiarito, trattandosi di una tradizione più tipicamente
italiana. Altro momento di interesse per l'esecutore è il corale finale, che
presenta continui cambi di tempo: le figurazioni si diradano progressivamente
creando un effetto di rallentando scritto, coerente con il testo, il
quale si riferisce al lento e inesorabile affievolirsi dei dubbi umani di
fronte alla forza della fiducia in Dio. Un continuo cambio di tempo attoo a
rendere questo sentimento, fino alla pace, raggiunta con l'accordo finale,
sottolinea quanto raramente si debba intervenire a livello ritmico nella
musica di Bach per ottenere effetti particolari. La scrittura stessa, in
questo caso come in molti altri, spiega ed enfatizza il testo, descrivendo i
particolari aspetti e significati della parola. Un altro esempio in tal senso
può essere la lunga aria per contralto con accompagnamento del violino sordino
dove lo strumento, mentre il basso continuo "passeggia" con la tecnica del
pizzicato, mostra come questo incedere sia decisamente barcollante per mezzo
di un insistito uso di sincopi (lo spostamento ritmico degli accenti in
battuta). Ancora Bach sceglierà di descrivere l’azione del camminare per mezzo
del pizzicato, questa volta del solo violone: questo avviene nel duetto
maschile della BWV 78, quando i malati e gli afflitti si avvicinano a Gesù con
passi deboli ma instancabili.
Un altro elemento di riflessione viene offerto dall'uso che Bach fa assai
frequentemente, e a detta di alcuni critici anche in modo eccessivo, della
parodia. Con questo termine si intende la tecnica di adattare composizioni
proprie, scritte in precedenza, e di inserirle in nuovi contesti, variandone,
il più delle volte, soltanto il testo. Nel presente programma un esempio
lampante è dato dall'aria per tenore all'inizio della seconda parte della BWV
102 in cui il flauto traverso presenta una linea melodica identica a quella
del violino nel «Quoniam» della Messa in fa maggiore BWV 233, dove la
parte solistica tocca però al contralto ed è decisamente differente. Altro
caso significativo è costituito dall'impiego di una cellula ritmica, melodica
o armonica non originale, ma anzi tipica della letteratura compositiva
dell'epoca. Un esempio è rappresentato dall'arioso in trE ottavi dove il basso
sentenzia severamente al ritmo di una sorta di minuetto, una danza, appunto,
di carattere ternario e vivace, Oppure, la magnifica fantasia-corale che apre
la cantata BWV 78. Il suo materiale di base, ovvero una scala cromatica
discendente di quattro battute, ricorda molto da vicino l'elemento proprio
della passacaglia, un basso ostinato, cioè ripetuto dall'inizio alla fine del
brano, con cui i compositori o gli stessi esecutori, quando la prassi
dell'improvvisazione non era campo esclusivo dei musicisti jazz, fin dal
Cinquecento, si divertivano a intessere eleganti o virtuosistiche variazioni.
Bach ha impiegato questa figurazione molte volte, ricordiamo il Capriccio
per la partenza del fratello amatissimo BWV 992 o il "Crucifixus"
della Messa in si minore BWV 232 Naturalmente Bach si appropria di
questa breve scala discendente: modula e abbandona la figura, la rovescia, le
contrappone un cantus firmus alla voce superiore… In questi casi i
musicologi si sbizzarriscono a individuare le 27 ripetizioni, di cui due in
inversione e 22 in sequenza e mille altri spunti che fanno di Bach uno degli
autori più amati e studiati di ogni tempo. Purtroppo non sono giunte fino a
noi le parti originali di questa cantata, come di molte altre, a volte copiate
già all’epoca da mani più o meno note e rese pubbliche da Anna Magdalena Bach
alla morte del marito. Nel caso specifico della BWV 78 si è supposto che Bach
avesse in un secondo momento eliminato la parte del "corno" (termine peraltro,
alquanto impreciso, contrariamente a quanto si possa pensare, che
probabilmente alludeva al cornetto o alla tromba). In molte esecuzioni, e così
nella nostra, il corno è stato omesso, in ottemperanza a questo ipotetico ma,
da un punto di vista compositivo, molto ragionevole ripensamento.
(Vania Pedronetto)
PROGRAMMA
Grado, 5 Settembre 2003
Il mondo di Bach
Cantate sacre II
Orchestra
barocca del FVG
"G.B.Tiepolo"
Coro del FVG
Soprano: Laura Antonaz
-
Contralto: Margot Oitzinger
Tenore: Frit Steinbacher -
Basso: Ulfried Staber
Direttore: Paolo Faldi
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1 |
22.25 |
Cantata "Jesu,
dei du meine Sede" BWV 78
per la XIV Domenica dopo la Trinità
per Soprano, Alto,
Tenore, Basso, Coro, corno
da tirarsi, 2 oboi, flauto traverso, archi e continuo |
2 |
22.56 |
Cantata "Mein Herze schwinunt im Blut"
BWV 199 per la XI Domenica dopo la Trinità
per Soprano, oboe, archi
e continuo |
3 |
23.31 |
Cantata " Herr, gehe nicht in Gericht" BWV 105
per la IX Domenica dopo la Trinità
per Soprano, Alto,
Tenore, Basso, Coro,
corno da tirarsi, 2 oboi, archi e continuo; |
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