biel lant a Messe a Laučane


Lauzzana (Colloredo di Monte Albano), 5 Maggio 2002


COLLOREDO DI MONTE ALBANO(Ud)
218 metri s.l.m. - 21,59 km2 - 2.230 abitanti - C.a.p.: 33010
Frazioni/Località: Caporiacco - Mels
Informazioni turistiche: Associazione Pro Loco Colloredo, v. Ippolito Nievo, Colloredo di M. A.
Biblioteche: Biblioteca Comunale, v. I. Nievo (apre i pomeriggi di ma. e gi.)
Escursioni: Parco del Cormor


CAMPANE

Principali monumenti e opere d'arte

          II terremoto del 1976 ha infierito in modo particolare sul patrimonio artistico del Comune di Colloredo di Monte Albano, distruggendo la maggior parte degli edifici monumentali e lesionando gravemente gli altri. Ridotto a triste cumulo di macerie anche il prestigioso Castello, vanto del paese, che per imponenza e stato di conservazione era il più significativo dell'intero Friuli. Il complesso nucleo di edifici, di cui bello era quello centrale con la possente torre dell'orologio che lo componeva, attestava le varie vicende costruttive, susseguitesi nel tempo a partire dal Cinquecento, delle antiche strutture del castello, eretto dai Mels all'inizio del XIV secolo. Al luogo era legato anche il nome di Ippolito Nievo che, discendente da uno dei rami in cui era diviso l'illustre casato dei Colloredo, nel maniero avito aveva composto in gran parte le «Confessioni di un Italiano». Il bel palazzo, ben conservato, contava numerose stanze di rappresentanza e di soggiorno. Pregevole era fra l'altro uno studiolo che il pittore e decoratore Giovanni da Udine aveva impreziosito di stucchi e affreschi che solo in minima parte si sono potuti salvare.
          Eseguiti dopo il 1556 (poiché in tale anno è avvenuta l'abdicazione di Carlo V, raffigurata al centro del soffitto), gli affreschi erano estremamente rappresentativi della tecnica della grottesca reinventata da Giovanni, con parti in pittura e altre a stucco, con figure zoo-antropomorfe, con una fitta decorazione e numerosi minuti particolari, oltre a qualche scena - la Caduta di Fetonte, Le tre Grazie - giustamente più volte riprodotta per la notevole bellezza; evidenti i riferimenti raffaelleschi, non eccezionale la tecnica, tanto che si è da più parti ipotizzato un intervento del figlio Micillo. Ora, ciò che si è salvato con ardito intervento di stacco prima e di abile restauro poi, si conserva presso la sede di Udine della Soprintendenza in attesa di diversa collocazione.
          Il Castello sarà completamente ricostruito, ma i lavori - che sono da tempo iniziati - saranno necessariamente lunghi ed oltremodo costosi. È già stata riportata al primitivo splendore la chiesa parrocchiale dei Ss. Andrea e Mattia, gravemente lesionata dal terremoto del 1976. Settecentesca, con un elegante altar maggiore in marmo opera dell'altarista Giovanni Fosconi (1723) e con un singolare monumento a Giambattista di Camillo Colloredo costruito intorno al 1730, con la statua della Malinconia (divenuta quasi simbolo del terremoto del 1976) copia di quella scolpita da Melchiorre Barthel nel Monumento Lanza nella chiesa di Ss. Giovanni e Paolo a Venezia, conserva alcune buone opere di pittura, come il lunettone - diviso in due parti - con l'Annunciazione dipinta da Gaspare Diziani (ca. 1749), armonica composizione, felice per il brillante colore e la vivacità della luce, e la pala con la Madonna del Rosario e Santi, affollata e tenuta su toni bruni, che va assegnata al comasco Giulio Quaglio (ca. 1795). Altri dipinti portano la firma di Fulvio Griffoni (II Redentore, 1638), del modesto Francesco Colussi (Gioita inghiottito dalla balena e Deposizione di Cristo nel Sepolcro, 1790) e di Arturo Colavini, abile copista (La Madonna della cintura appare al cardinale Leandro di Colloredo, secolo XX); altri ancora sono in cerca d'autore, come la bella coppia (Gesù guarisce il cieco; La cena in casa di Simone) di tipologia veneta del XVIII secolo.
          Sono stati rimessi in luce - nella restaurata Chiesetta di S. Pietro - affreschi gotici di cui si conoscevano pochi tacerti: nella parete di fondo, riquadri con la Crocifissione al centro, la Madonna in trono con Bambino a sinistra e Simon Pietro a destra; nella parete laterale a sinistra S. Pietro ed una turba di fedeli; in quella destra, S.Pietro ed un angelo. Condotti con buona proprietà, piacevoli per il corretto uso del colore, rivelano i caratteri della pittura in Friuli alla fine del secolo XIV. A pittore friulano della metà del XVI secolo va attribuito un affresco staccato con S. Pietro in trono; ai primi anni del Seicento risale una tela con La Consegna delle chiavi a S. Pietro del pittore udinese Innocenzo Brugno.
          Anche la Chiesa di Ognissanti a Mels è andata distrutta, così come il medioevale Torrione castellano che era il simbolo del paese. Rifatta nei primi anni del Settecento ed ampliata nel 1827, aveva altare maggiore (1737) e laterali fatti da Sebastiano Pischiutti di Gemona, affreschi di Valentino Giorgine di Artegna (1764), di Carlo Boldi da Tarcento ( 1794: Ascensione di Gesù al cielo e i quattro evangelisti nel soffitto), di Silvestre Fabris di Osoppo (Gloria di S. Elena imperatrice, nel soffitto). Vi si conservava anche la bella pala del pordenonese Gasparo Narvesa (1597, S. Andrea, S. Maria e S. Cimiamo), dipinta per la chiesetta di S. Andrea in Castello. Il dipinto è stato comunque salvato. La nuova Chiesa di Mels è stata realizzata su progetto dell'architetto Ezio Caffi di Bergamo (in collaborazione con G. Della Chiesa e F. Valsecchi): il progetto - che risale alla fine del 1976 ed è stato approvato nel febbraio 1977 - è uno dei primi con cui si è avviata la ricostruzione del Friuli.
          A Caporiacco, semidistrutta la Chiesetta di S. Martino in Castello (con altare marmoreo di Leonardo Steffanati e Francesco Aloi di Gemona, che nel 1773 avevano vinto la gara contro Giovanni Mattiussi e Adeodato Parlotti di Udine ed avevano eseguito il lavoro nel 1774), si è salvata la Parrocchiale dedicata a S. Lorenzo. Costruita a partire dal 1900 sul luogo della precedente (di cui furono utilizzate alcune parti), in stile neogotico su suggerimento (e forse su disegno) di don Angelo Noacco parroco di Cassacco, ha facciata a salienti e decorazioni a fresco di Francesco Barazzutti (1909 e seguenti) nel presbiterio (Gesù nell'orto degli ulivi, figure di Sante, Evangelisti) nella navata centrale (Mosé, Davide e Geremia nel soffitto, figure di Santi sugli archi delle quattro cappelle angolari) e nelle pareti laterali (Carità e Martirio di S. Lorenzo, copiate dagli analoghi soggetti di Cesare Fracassini, pittore di Orvieto vissuto dal 1838 al 1868, in S. Lorenzo al Verano a Roma). L'altare maggiore è del 1753, in marmo rosso e bianco, con statue laterali dei Ss. Lorenzo ed Andrea e Ultima cena in bassorilievo nel paliotto; la pala della Madonna del Rosario, di bella invenzione, è stata dipinta dal sandanielese Giuseppe Buzzi nel 1717.
          Nella ricostruita chiesa di Lauzzana, pala d'altare del bellunese Agostino Ridolfi: raffigura la Madonna con Bambino ed i Ss. Lorenzo, Giovanni Battista ed angeli e risale al 1694.

Dopo la celebrazione della Messa, mi sono intrattenuto per una decina di minuti con il sacrestano, mentre raccontava la storia del suo paese. Erano informazioni "dirette", dato da circa 700 anni, la sua famiglia si prende cura delle chiesa di quella piccola comunità. Succede spesso che "il muìni" sia un mestiere che si tramanda da padre a figlio ed anche Livio Fabro aveva preso il posto di suo padre. Con vero dispiacere mi diceva che dopo di  lui, nessuno della sua famiglia continuerà la sua missione, sebbene abbia figli e nipoti. E' commovente osservare con quanto orgoglio e passione, Livio e sua moglie curano e addobbano la chiesa, con fiori freschi che coltivano nella loro casa. Mi pento amaramente di non aver accettato l'invito di recarmi a casa loro, per ammirare e fotografare una bellissima pianta rampicante in fiore. 


Livio Fabro