Sanguarzo di Cividale (UD), 26 Marzo 2017
Chiesa di San Giorgio


...immagine ricavata da Street View di Google, che riprende l'entrata sud del paese
con la chiesa a sinistra e il Monte Purgessimo sulla destra...



CAMPANE


...immagini dell'interno della chiesa riprese prima...


...durante...


...e dopo la cerimonia...

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Le origini di Sanguarzo
(tratto da: http://www.mondocrea.it/itparrocchie-119/)

Ai piedi degli ameni colli dei “bovi” e del diroccato castello di Guspergo, in fertile vallata attraversata dal fiume Natisone, sulla riva destra, a due chilometri da Cividale del Friuli, strada statale n. 54, si trova la località di Sanguarzo, frazione del comune di Cividale del Friuli – l’antica Forum Iulii -. È situata a 146 metri sul livello del mare, a 46° di latitudine e a 1° di longitudine sul meridiano di Roma.

Il nome di Sanguarzo è una volgare corruzione di San Giorgio, così pronunciato dalle vicine popolazioni slave di passaggio. In lingua slava San Giorgio veniva, infatti, pronunciato “Svét Iur” oppure “San ’Zorz”, forma che rispecchia la pronuncia friulana.
Da documenti di archivio degli anni 1200-1250, risulta che la frazione veniva denominata “villa de S. Georgio”; nel 1251, poi, viene indicata come “Castrum montis S. Georgii”, per distinguerlo dall’altro, in piano, presso la frazione di Rualis.
In altri documenti, come descrive il Guion nella sua guida di Cividale, si trova indicazione che “… dalla cura di S. Pietro e Biagio dipende la chiesa di San Giorgio di Teizano…”.
Tali citazioni non sorprendono in quanto gli scavi effettuati negli anni 1821-22 da Michele Della Torre in via Borgo Viola – su terreno arativo-vitato, mappale 2161, detto “Braida Masaret” (proprietà Boscutti e Mulloni, poi solo Boscutti) – hanno rilevato tracce di insediamenti risalenti al periodo del dominio romano.

Nei due campi contigui verso la strada (già Mulloni) si rinvennero un fabbricato con ambienti pavimentati a mosaico, pareti in marmo greco e dipinte ad encausto color cinabro1, ovviamente tutti “guastati” e, inoltre, pavimenti a sectilia2, a mattoni, un’arma da taglio, molti frammenti di “urne cinerarie e tegoloni grandi per tombe, vasi di vetro”. I mosaici erano di marmo bianco e linee interne nere1.

Furono altresì recuperate, oltre a un mattone marcato Q. GAVII, ventisette monete, di cui: un danario in argento di Q. Cassius Longinus (60-50 a.C.) “ritrovata presso un mosaico”; due in bronzo dei triunviri monetali; uno in bronzo di Nerva, uno di Traiano, uno di Antonino Pio, uno di Commodo; uno in argento di Giulio Filippo I (244-249 d.C.); uno di Claudio II il Gotico (269-270), due di Costantino Giuniore (317-337), uno di Costanzo II (323-361); due di Teodosio I (379-395) e “nella terra scavata” dodici P.B. del III-IV secolo d.C.2.

Nel 1983 il professor Amelio Tagliaferri, accompagnato da alcune persone interessate alla storia locale, fece una verifica sul territorio del mappale 2161, accertando la presenza, dopo l’aratura del campo, di molti residui relativi ad un antico insediamento: laterizi, frammenti di vetro, tessere di mosaico di colore bianco, celeste e nero. Secondo il professore nello stesso insediamento l’11 aprile 1824 il Della Torre rinvenne un denario di Pompeius Fustulus, triunviro, 129 a.C.3.
Nel 1817-1826, sul terreno, mappale 2129, ad uso arativo-vitato, Michele Della Torre scoprì delle tombe o un complesso cimiteriale.

Sempre nel 1983 il professor Amelio Tagliaferri, con l’aiuto di alcuni collaboratori, ai piedi delle colline di Guspergo e della “Busa del Foran”, rinvenne alcuni frammenti di embrici, coppi, etc. provenienti da un insediamento imprecisato. La presenza di tracce di una strada comunicante tra questo insediamento e la località denominata dai locali “Prat Lunc”, fanno supporre che nella zona vi fosse un insediamento romano, come peraltro tramandato dalla tradizione secondo la quale in detta località venivano relegati i giovani riottosi4.

Questi insediamenti rientravano nel piano di occupazione romano: dislocati lungo le reti stradali, erano sede di capisaldi militari per la difesa del territorio conquistato e luoghi di mercato.
Con gli stessi criteri i Romani, in tempi successivi, fondarono zone residenziali per incrementare lo sviluppo agricolo. Lo sviluppo di questi insediamenti era legato e favorito anche dalla consuetudine di premiare i veterani, i soldati romani che, avendo prestato servizio per molti anni, venivano congedati con onore e godevano di privilegi e premi: ai sodati venivano donati 50 iugeri di terreno (ettari 12,599), ai centurioni 100 iugeri e ai cavalieri 140.

La storia di Sanguarzo del resto si intreccia con le vicende della vicina Forum Iulii il cui sviluppo urbano conobbe varie fasi. Da principio l’espansione edilizia si pose su basi naturali, sia per maggiore difesa da eventuali invasori, sia per utilità di servizi (acqua, etc.), per estendersi poi, nel periodo di pace, anche verso zone più ampie e utili: nacquero così i molteplici insediamenti nel circondario di Forum Iulii tra cui Sanguarzo.

Con il trascorrere degli anni, Forum Iulii assunse l’aspetto di “Civitas”, divenendo punto importante di riferimento direzionale. Questo comportò qualche mutamento nella viabilità con la costruzione di nuove strade in grado di assicurare un rapido collegamento con le terre venete e cisalpine.
Infatti, si consideri attentamente il tratto della strada che parte da Cividale, attraversa Borgo Brossana e, costeggiando il fiume Natisone, raggiunge il guado di Sanguarzo, per poi proseguire verso le vallate di San Pietro e di San Leonardo: prima di raggiungere il guado c’era una strada che portava agli insediamenti romani sia di Borgo Viola che della zona di Guspergo.

Tale strada, col passare del tempo, è stata utilizzata per lo scolo delle acque e solo pochi anni orsono, durante la sistemazione del rugo, fu ritrovato del pietrisco originale.
Anche nella zona di Sanguarzo allora furono costruite abitazioni di servizio? La domanda non è inutile. Le costruzioni romane, come quella le cui tracce furono rinvenute dal Della Torre, ville ornate con marmi bianchi, tassellati bianco-neri e celesti, strutturate secondo uno schema acquisito nell’Urbe (le ville di campagna), dovevano servire a persone di un certo livello sociale o di potere. È plausibile, allora, ritenere che siano stati costruiti anche insediamenti per il personale di servizio. Una tale affermazione trova conferma negli attenti esami fatti in loco al momento del ripristino di alcuni fabbricati dopo il terremoto del 6 maggio 1976. In Borgo Viola, in via Viera, furono rinvenuti pezzi di mattoncini per tassellato pavimentale.

Un’ulteriore conferma si può avere considerando la caratteristica del “forum e lo spazio ridotto della città”. Molti proprietari terrieri risiedevano nel suburbio o nella campagna circostante per aver facilmente a propria disposizione operai per la coltivazione dei campi.
Della stessa idea è l’articolista Maria Visintini che rileva: “Lo Stucchi e poi il Mansuelli hanno identificato i fabbricati romani descritti e disegnati da Michele Della Torre come ville di campagna appartenenti a grandi o a piccoli proprietari-agricoltori.

Il Mansuelli classifica queste grandi ville, rilevate nel territorio del Forum Iulii, di tipo urbano rustico e le qualifica come residenza stabile del “dominus”, del proprietario agricolo che, con la sua presenza diretta e continua, gestisce l’economia dell’azienda, produce per sé e per il mercato locale”1.
Il professor Bosio esprime la medesima opinione scrivendo: “la grandiosità di queste residenze di campagna … parla in modo chiaro di gente ricca, di grossi proprietari, con ogni probabilità di facoltosi aquileiesi che qui avevano costruito la loro lussuosa dimora di campagna, dove venivano ad abitare almeno periodicamente, anche amministrando di persona i loro possessi e vigilando sull’andamento dei lavori dei campi e sui raccolti”2.

Attorno alla villa signorile, che costituiva il centro dell’azienda agricola, sorgevano gli edifici rustici, costruzioni più piccole destinate ai servi o ad affittuari. Da ciò, come ha sostenuto il Leicht, deriva il termine “vile” per indicare i “paeselli del contado”. Secondo l’opinione di quest’ultimo studioso, espressa in un articolo sulla storia di Cividale e del suo territorio, le ville ubicate attorno a Forum Iulii servivano da soggiorni estivi dei ricchi cittadini di Aquileia, il cui clima diventava nei mesi caldi, a causa dell’umidità, molto afoso e poco salubre. “Non è impossibile – scrive il Leicht – che la mitezza del clima e l’aria sana consigliassero alcune famiglie ad abitare sulle sponde del Natisone”.

Verso il IV e V secolo dopo Cristo, il ruolo del Forum tende a modificarsi ed anche nel contado nasce una nuova forma di insediamento. Ciò, secondo il Leicht, avviene dopo l’invasione di Attila, quando Cividale assume la qualifica di Caput Venetiae, con la residenza in loco del governatore della decima regione e, non molto tempo dopo, anche con quella del patrizio bizantino, capo della difesa militare.
Per salvaguardare il territorio da possibili invasori, si stabilì di edificare, in punti strategici delle Alpi Giulie, castelli, fortilizi o torri di avvistamento. A conferma di ciò è opportuno ricordare quanto Michele Della Torre rilevò sul mappale 3171 nel 1821, Castello di Guspergo. Con dovuta perizia lo studioso rinvenne resti di tre fabbricati, uno sopra l’altro. Nello strato inferiore recuperò delle monete romane, il che fa pensare ad un insediamento romano seppure di modeste dimensioni.

Così dopo il nuovo assetto, sia di difesa che politico, ebbe inizio un periodo di tranquillità e di ripresa economica.
Favorita anche da nuove strade, la zona conobbe un impulso del commercio con conseguenti scambi di idee e con l’espansione della nuova religione cristiana, anche se nella zona periferica del Forum Iulii la sua penetrazione fu assai lenta, poiché la popolazione era fortemente legata ai vecchi culti e alle divinità pagane. Per secoli, infatti, gli abitanti della zona si erano affidati ai vari dei per trovare conforto alle proprie sventure e per essere difesi da pericoli derivanti dalle forze della natura che sfuggivano al loro controllo e contro le quali non avevano difesa: da qui la difficoltà ad accettare un nuovo Dio, da un dio immanente ad un Dio trascendente. Un secondo motivo che impediva la diffusione della religione cristiana era l’autorità dello Stato, che con la sua politica creava paura e sottomissione. Pertanto come rileva il professor Luciano Bosio nella guida “Cividale del Friuli”, il Cristianesimo poté diffondersi nel pago solamente dall’epoca di Teodosio I, a partire dal IV secolo.

L’età longobarba coincise con una più ampia diffusione della nuova religione, come dimostra il culto dei propri trapassati che anche in questa zona è documentato dal ritrovamento di cimiteri e necropoli. Michele Della Torre nel 1817-26, infatti, rileva nel mappale 2129 di proprietà dei conti Puppi – Borgo Viola – un complesso cimiteriale vero e proprio1, così come in località Soravit, mappale 22862.

Periodo longobardo e dei patriarchi a Sanguarzo