ascoltato per voi

Tricesimo (UD), 1 Giugno 2013
Duomo

Concerto di presentazione del nuovo album
"in cammino"

del Coro "Vôs de mont", diretto da Marco Maiero

Coro Vôs de mont, ricerca e tradizione
(Stefano Damiani - La Vita Cattolica del 30 Maggio 2013)

          Si intitola «In cammino» il nuovo disco del coro Vôs de mont di Tricesimo, diretto da Marco Maiero, che verrà presentato sabato 1 giugno nel duomo di Tricesimo, alle ore 20.45. Unico esempio in Friuli di coro d’autore, il Vôs de mont si cimenta con sedici brani scritti come sempre dal suo direttore, capaci di unire le fluenti e cantabili melodie di impronta popolare con armonie che creano effetti vibranti tra consonanza e dissonanza.

          Maiero, questo nuovo cd «In Cammino» viene dopo il precedente «Carezze» del 2009. Che «cammino» hanno fatto Marco Maiero e il Vôs de Mont in questi quattro anni? - «C'è stato sicuramente un cammino del coro, con un miglioramento delle tecniche vocali ed espressive, un rinforzo delle file (sulla carta siamo in 38). Per cui per fortuna ora il Vôs de mont è in ottima salute. Altro cammino è stato quello nella ricerca musicale di nuovi confini da raggiungere attraverso la voce, il racconto e una musicalità più approfondita e ricercata».



 ESTRATTO

          Le sue musiche sono conosciute per le armonie molto consonanti e che invogliano al canto. Da questo stilema è cambiato qualcosa? - «La mia scommessa personale si è rivolta soprattutto alla ricerca di un'unione tra la musica più colta ed elaborata e quella popolare, nel senso di fruibile da un pubblico il più vasto possibile che possa trovare in essa una comunione di emozioni. La scommessa fatta in questo disco riguarda soprattutto una ricerca armonica un po' diversa, verso sonorità un po' speciali e inusuali».

          Il disco prende il nome dal titolo di uno dei brani. Cosa racconta? - «È un canto natalizio che sta a ricordare il cammino di Giuseppe e Maria alla ricerca di un'accoglienza che veniva negata. Ad ispirarmi sono stati i ricordi di una poesia di Gozzano che richiamava proprio il pellegrinaggio di Giuseppe e Maria, calato un po' più nel mondo moderno dove tante sono le anime in ricerca di una casa nuova, di un'ospitalità che si trovano spesso negata. Quindi c'è un parallelo tra la condizione di questo Bene venuto al mondo 2000 anni fa e il bene che può essere portato anche oggi da chi arriva da fuori».

          Dei 16 brani cinque (più la celebre «Daûr san Pieri») sono in friulano, gli altri in italiano. Come mai? - «La scelta del friulano e dell'italiano è ormai un classico. Per raccontare alcune situazioni molto particolari, legate al vissuto quotidiano, alle esperienze più dirette con i giorni che viviamo nella nostra terra, ritengo irrinunciabile la lingua friulana, la lingua madre, quella con cui riesco ad esprimere con più concretezza certe situazioni. L'italiano riguarda invece i messaggi che si vorrebbe fossero più universali. Tra i brani in friulano, tengo a ricordare "Cjalcjut", che fa parte di una trilogia dedicata agli sbilfs, gli spiritelli della tradizione friulana. Il cjalcjut nello specifico è lo sbilf che arriva la notte e si appoggia sullo stomaco mentre dormiamo e ci fa venire gli incubi. Lo sentiamo ridere beffardamente durante il canto stesso. Alla fine però riusciamo anche a dirgli: vattene via, vattene in là».

          Il brano che apre il disco è «Sul nero», cui tiene particolarmente. Perché? - «Perché è il canto più teso a trovare quell'unione, di cui parlavo prima, tra una ricerca armonica inconsueta e la musicalità popolare dalla cantabilità tranquilla. È un tentativo, questo, fatto in mille altri modi da tanti altri armonizzatori. Questa potrebbe essere solo la conferma che la tensione verso questo orizzonte potrebbe essere possibile. Il canto è interessante anche perché descrive la metafora della vita: come spesso si torna su una montagna pur sapendo cosa c'è oltre la cima, ma ugualmente ogni volta si scopre qualcosa di nuovo, così ugualmente ogni giorno, anche se ci sembra uguale agli altri, in realtà ci presenta una novità. E per salire verso la cima ci si trova in situazioni del tutto serene e tranquille, su prati che non suscitano nessun timore, ma che spesso confinano con abissi profondi, come bocche aperte ad aspettarci perché l'errore è sempre possibile nei nostri giorni».

          Musica, ma anche poesia in questo disco. A quali modelli si ispira? - «Ringrazio per la definizione di poesia, io sono sempre un po' ritroso a confermarlo. In effetti c'è la ricerca di una costruzione che sia il più possibile efficace nel descrivere un messaggio e nello stesso tempo abbia quei contenuti poetici che rendono il testo ancora più affascinante. L'ispirazione precisa non c'è. Certamente il mio pallino è sempre stato quello di unire i mondi musicali che, per conformismo, restano spesso separati. Per tanto, sicuramente un occhio particolare l'ho sempre tenuto ai cantautori della musica leggera, in cima ai quali metterei Fabrizio De Andrè».

          Il cd ha in copertina un'opera di Gianni Borta. - «Per un casuale incontro è nata questa bella unione di culture. Con questa scelta abbiamo voluto dare - in particolare ai chi ci governa - il messaggio di una cultura che può essere unita e forte e vuole essere mantenuta come aspetto assolutamente prioritario della vita dell'uomo. Unirsi può dare più forza e un colore più luminoso, come la copertina del disco, alle note del nostro coro».

...canto di congedo...



 Daûr San Pieri

...cantata da tutti...

Sore i roncs, daûr San Pieri,
cul sciroc o in Lui ch'al sà di fen,
ducj i siums si cìrin simpri,
ducj i siums 'e clamin ben.
 
E 'a consolin lis albàdis
che àn cricât il scûr dai dîs
che gjelôs al ten platât, di simpri,
il lusôr dal Paradîs.
 
Sore i roncs, daûr San Pieri,
cul sciroc o in Lui ch'al sà di fen,
ducj i siums si cìrin simpri,
ducj i siums 'e clamin ben.
 
E tal cûr timp di bussadis, 
timp di un fûc mai dite a d'un,
distudât cui avostans, mai legris,
in te scune di un autun.
 
Sore i roncs, daûr San Pieri,
ducj i siums 'e clamin ben,
ducj i siums 'e clamin ben.

          Il Coro "Vôs de mont", nato a Tricesimo nel 1979, è composto da una trentina di elementi. Il suo repertorio esclusivo è frutto dell'originale vena poetica e compositiva di Marco Màiero, che lo dirige fin dalla fondazione. Il percorso intrapreso da questo "coro d'autore" ha contribuito a rinnovare e rivivificare la coralità di ispirazione popolare sia in Italia che all'estero. I suoi canti, sia in italiano che in friulano, sono apprezzati ovunque, e sono stati inseriti nel repertorio di numerosissimi cori, italiani e stranieri. I suoi concerti offrono l'occasione per percorrere i sentieri che raccontano le stagioni, la terra, le nostalgie e la speranza, e le sue voci sanno colorare le emozioni profonde che i canti suscitano negli ascoltatori. Il "Vôs de mont" ha realizzato sei lavori discografici: nel 1987 Anìn insieme (Andiamo insieme), nel 1992 Lidrîs (Radici), nel 1996 Albàdis (Chiarori), nel 2001 Mateçs (Follie, stramberie), nel 2004 'L è ben vêr (È vero sì), che raccoglie 38 villotte friulane di autore sconosciuto, e nel 2009 Carezze. I libri di partiture pubblicati sono tre: nel 2003 "Mateçs, gnovis cjantis di Marco Màiero", nel 2004 "'L è ben vêr" e nel 2009 "Carezze", che, oltre alle partiture per coro maschile dell'omonimo CD musicale, contiene in allegato le partiture per coro misto e femminile di tutti i canti di Marco Màiero pubblicati finora.      


...la foto di gruppo...

Sul Nero
Fiori
Nuvola di marzo
Respiro e canzone
In cammino
Kz
L’ora della sera
Così primavera
Fûc
Murais
Soltanto le foglie
Cjalcjut
Cascugnit
Mazarot
Fiabe
Daûr San Pieri