PULFERO (33046)
Sede municipale: Pulfero, v. Nazionale, 92
tel. 0432726017/33  telefax 0432726033
Superficie Kmq 48,03
Altitudine m 157 - 1.641
N  46°10.75 - E 013°28.15 -  m 184 slm

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Il Municipio ed il  Monumento ai Caduti di tutte le guerre

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"AMBITO DI TUTELA AMBIENTALE B 15"
(REGIONE AUTONOMA FRIULI-VENEZIA GIULIA)

Il territorio comunale di Pulfero si trova a circa 30 km a NE di Udine, della cui provincia fa parte, e confina a Nord con la Slovenia, a Sud con il Comune di S. Pietro al Natisone, a Ovest con il Comune di Torreano di Cividale, a Est con i Comuni di Savogna e S. Pietro al Natisone.

I principali sistemi di rilievi montuosi sono costituiti dal Monte Mia, che raggiunge l'altezza di 1237 m s.l.m. ed il versante Ovest del Monte Matajur - la cui cima, posta a 1641 m s.l.m., ricade nel comune di Savogna - costituisce una predominante paesaggistica a livello territoriale.

Il fiume Natisone, che funge da asse portante del territorio comunale, con la sua incisione separa le valli di Pegliano, Erbezzo e Montefosca a Ovest, di Rodda e Mersino a Est, andando poi allargandosi verso sud.

L'intera zona, di formazione eocenica, appartiene al bacino del medio Natisone.

Il comune comunque conserva, sia nei centri che nei nuclei edificati i caratteri propri di insediamento a matrice agricola. Il sistema viario è rappresentato principalmente dalla strada statale n. 54 che, costeggiando il corso del fiume Natisone, attraversa longitudinalmente il territorio comunale e collega con il valico di Stupizza la Slovenia con la grande viabilità regionale italiana, attraversando i comuni di Pulfero, S. Pietro al Natisone e Cividale del Friuli.

A pettine poi si innestano, sulla stessa strada statale, le strade comunali di collegamento con le frazioni.

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Il Monte Mia

Il Monte Mia, attualmente proprietà comunale, venne regalato dalla Regina Vida (Teodolinda) alla popolazione del luogo. Il Monte Mia rappresenta l'unica zona del Comune di Pulfero rimasta incontaminata sotto il profilo ecologico.

Sta di fatto che non vi sono state eseguite piste forestali o altre viabilità, se non quella pedonale esistente. Non vi sono stati disboscamenti selvaggi, non vi sono state modifiche al territorio sotto il profilo geologico.

D'altro canto, nel 1956, vi sono stati dei miglioramenti boschivi (cosi erano intesi) con specie non autoctone, ma bensì con esperimenti che hanno dato fallimento. Tali rimboschimenti, eseguiti con larice e abete rosso, non hanno fatto altro che sottrarre il terreno alle specie autoctone quali faggio e carpino che tuttora nei terreni non rimboschiti hanno dato origine a meravigliose faggete ed a bosco ceduo. Regina del Monte Mia è la malga; una costruzione posta a quota 970 m. La malga, costruita la prima volta negli anni trenta aveva funzione di alpeggio per le mandrie, portate dalla località di Montefosca e dall'allora italiana Robedischis.

Antecedente il territorio era stato concesso in affitto alla signora Maria Sterier da Trieste e al Conte Perugini di Spessa. Con la seconda guerra mondiale tale malga venne distrutta dai tedeschi a causa dei partigiani che la usavano come rifugio e come punto di riferimento per tutta la Valle del Pradolino e Monte Mia.

Ricostruita nel 1955 con i cantieri scuola, ebbe vita breve, in quanto i rimboschimenti avevano sottratto gran parte dei prati e quindi dei foraggi. Rimase sempre punto di riferimento per i cacciatori, che ogni anno, nella stagione venatoria, pulivano i sentieri ridando così vita e storia alla malga stessa.L'amore e le innumerevoli storie vissute in essa, hanno fatto sì che gli stessi cacciatori, tramite la Riserva di Caccia di Diritto di Pulfero, con i propri mezzi, nel 1987 hanno risistemato la vecchia casera, ma non la malga nel suo complesso.

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Le limpidissime acque del Natisone

Cenni storici

La formazione della Valle del Natisone risale al primo periodo dell'Era Quaternaria, quando per uno sbarramento morenico nella zona di Staro Selo (presso Caporetto) il fiume Natisone, fino ad allora affluente dell'Isonzo, cambiò corso aprendosi un varco attraverso l'ellissoide Lubja-Mia-Matajur. Nel suo nuovo letto raggiungeva direttamente l'Adriatico sfociando nella Laguna di Grado dopo aver costituito nel suo corso terminale il bacino portuale di Aquileia. A seguito poi di mutamenti idrogeologici esso viene definitivamente a confluire col torrente Torre nell'Isonzo, assumendo l'odierno nome di Natisone.

Il valico di Pulfero e le valli che vi fanno capo divennero importanti itinerari fin dalla preistoria e soprattutto quello che permetteva il diretto collegamento tra la regione friulana e quella carnica-carinziana.

Nel periodo romano tale collegamento si strutturò in una via consolare, realizzata nel 143 a.C., che, partendo da Aquileia, toccava Cormòns, Rualis, Purgessimo, S. Pietro, Plezzo, Tarvisio terminando a Virunum presso Klagenfurt. Cosi il valico di Pulfero divenne la porta nord-orientale del Friuli, attraverso la quale transitarono alcune tra le più importanti spedizioni militari o vi entrarono gli invasori.

Ma anche in seguito questa strada fu "custodita e fortificata", se perfino Napoleone diede ordine di eseguire ricognizioni e rilevamenti al fine di potervi stabilire un accorto punto di difesa verso il confine austriaco.

Proprio in questo territorio si combatterono battaglie importanti tra i dominatori del fondovalle, i Longobardi, e le comunità slave. Dopo alterne vicende, la tenacia di queste ultime portò alla pacifica convivenza sulla base di due distinte ed autonome organizzazioni insediative e sociali: quella aristocratico-militare longobarda sul fondovalle del Natisone e quella democratico-pastorale degli slavi sulle pendici e alture.

Ai Longobardi succedette il lungo dominio del Patriarcato di Aquileia (1077-1420) durante il quale il valico di Pulfero perse il suo ruolo di posto di blocco e la strada che lo attraversava si aprì ad un intenso traffico commerciale, specialmente con il principato asburgico. Il ferro grezzo arrivava per la via di Pulfero ed i carriaggi che lo trasportavano avevano come destinazione non solo Cividale, ma anche tutto il Friuli e il Veneto. Nacquero così piccoli insediamenti quali sedi di attività terziarie o artigianali, destinati a divenire in seguito capoluoghi comunali (Pulfero, S. Pietro, Savogna).

Le successive vicende politico-militari fecero del Friuli in generale e di queste zone in particolare, terra di battaglia su cui si affrontarono eserciti di varia nazionalità, fino alla spartizione in due zone di influenza distinte: quella sotto il dominio della Casa d'Austria e quella sotto Venezia. Per questi ed altri motivi il Friuli si venne a trovare in una fase di sottosviluppo economico e sociale ben lontano dall'importanza che aveva assunto nei periodi longobardo e patriarcale. Nel 1797, ancora una volta la strada di Pulfero divenne strategicamente importante per la calata degli eserciti francesi con i quali praticamente finì il dominio veneziano, ma che fece di questa terra esclusivamente merce di scambio, senza alcuna cura per gli abitanti.

Le alterne evoluzioni politico-amministrative che videro ancora l'Austria sostituirsi ai francesi, il Risorgimento fino all'annessione al Regno d'Italia e in seguito le pagine più o meno gloriose della prima e seconda guerra mondiale, investirono questa porta orientale lasciandola prostrata sia dal punto di vista morale che economico.

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ASPETTI GEOLOGICI, GEOMORFOLOGICI,
IDROGEOLOGICI E STORICI

La conformazione geologica dell'Ambito è caratteristica comune di tutte le valli del Natisone, presentando affioramenti calcarei del Mesozoico nella parte settentrionale, formazioni di calcarenitiche nella parte meridionale e depositi quaternari di limitata estensione e potenza.

Questi ultimi comprendono: a) alluvioni attuali e recenti; b) detriti di falda; c) coni di deiezione.

Gli alluvioni sono costituiti in genere da ghiaie e sabbie di fondovalle, presenti lungo l'asta fluviale del Natisone e provenienti da disfacimento di rocce calcaree della parte alta del bacino; i detriti di falda sono depositi di elementi delle più svariate dimensioni e dall'aspetto caotico; i conoidi di deiezione comprendono materiali rinvenuti allo sbocco di rii e torrenti e depositati alla confluenza con la valle principale formata dal Natisone.

L'idrologia della zona è caratterizzata da una circolazione delle acque prevalentemente carsica e dalla formazione di diffuse doline in special modo, lungo la forra del Pradolino. Ad avvalorare questa situazione vi è il posizionamento, ai piedi dei versanti, delle sorgenti più importanti del territorio (Poiana, Zavadizza, Arpit).

La rete idrografica non è bene organizzata e l'unico corso d'acqua perenne è il fiume Natisone che si snoda, con percorso sinuoso tra il Monte Mia e il Matajur.

In corrispondenza dell'abitato di Stupizza, dove la faglia del Natisone incontra quella del Pradolino, è presente l'unico piano alluvionale dell'intera area esaminata.

La presenza, infine, di balconate calcaree ha determinato il manifestarsi di elementi geomorfologici di pregio come il gruppo di cavità in prossimità di Specognis, interessanti anche sotto il profilo paletnologico, e quello nelle vicinanze della Bocca di Pradolino e le numerose doline dislocate lungo la stessa Valle del Pradolino.

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ASPETTI FORESTALI

I soprassuoli forestali rappresentano per la loro estensione, la loro fisionomia e le loro intrinseche caratteristiche ecologiche, un elemento fondamentale dei territorio sottoposto a tutela.

Se escludiamo l'arca prossima ai piccoli centri abitati della fascia Sud-orientale, ove si rinvengono coltivi, prati falciati ed aree incolte ai margini del bosco, possiamo affermare che l'Ambito di tutela B. 15 è interamente ricoperto da popolamenti forestali.

Le formazioni termofile dell'Orno-Ostryeto sono quantitativamente le più rappresentative, ammontando a più del 50% dell'intera superficie dell'Ambito.

Questi cenosi assolvono attualmente una funzione importantissima di difesa e consolidamento del suolo lungo i ripidi ed instabili versanti del Monte Mia, del Monte Vogu e del Monte Cladia, rientrando necessariamente nella categoria dei boschi di protezione per cui non è ipotizzabile per il futuro una destinazione d'uso diversa.

Interessanti sotto il profilo paesaggistico e naturalistico, benché non molto estesi, sono i consorzi misti di latifoglie mesofile, localizzati prevalentemente a NW del Monte Cladia, lungo il versante NE del Vogu e nella Valle di Pradolino.

Caratteristiche salienti di questi soprassuoli di neoformazione sono l'eccellente portamento degli individui arborei che li compongono e l'abbondantissima presenza di rinnovazione spontanea di specie forestali; due elementi questi, che conferiscono a questi boschi una notevole potenzialità turistico-ricreativa.

Aspetti Floristico-Vegetazionali

L’insieme delle specie vegetali è strettamente condizionato, nell'Ambito in oggetto, dagli elementi geografici di cui si era accennato precedentemente.

La posizione del Monte Mia, del Matajur, e del Vogu alla testata del bacino medio del Natisone, che li pone quasi a metà strada tra la pianura friulana e la zona alpina sud-orientale, ha favorito la presenza di numerose entità.

Se si aggiungono ancora i dislivelli accentuati (spesso oltre 1000 m), la quota di partenza molto bassa (200 m a Stupizza) ed il vario orientamento dei versanti, risulta evidente la grande quantità di microambienti possibili.

Di tutte le valli del Natisone, il Monte Mia risulta oggi una delle zone meno antropizzate, anche se ciò risale ad un tempo piuttosto recente. Infatti le attività agro-silvo pastorali hanno avuto notevole peso fino agli anni cinquanta comportando, fin dove possibile, l'utilizzo delle risorse naturali.

Con l'abbandono, le superfici dei prati falciabili delle coste tra Montefosca ed Erbezzo sono andate via via riducendosi; poco o nulla è rimasto dei pascoli della malga del Monte Mia e sono quasi scomparsi i campi sui terrazzamenti di Montefosca.

Allo sviluppo della copertura boschiva ha contribuito in vario modo la mano dell'uomo, favorendo la coniferazione e la crescita di particolari latifoglie; la difficoltà di utilizzazione dei cedui di versanti molto acclivi e fuori mano, ne ha permesso un rigoglioso incremento.

In questo contesto, che ha interessato soprattutto specie forestali e di prato, non sono comunque incluse numerose specie di pregio sia erbacce che legnose, che hanno trovato in ambienti marginali (rocce, ghiaia, pendii) le condizioni adatte alla sopravvivenza.

Così tra il Monte Mia ed il Natisone si rinvengono numerose specie nemorali e rupicole di discreto interesse, quali:

Dryopteris cristata
Aconitum angustifolium
Aconitum paniculatum
Spiraea chamaedryfolia

Nella gola di Pradolino, grazie alle particolari condizioni geomorfologiche e climatiche, ricordiamo la presenza di:

Aconitum napellus ssp. Tauricum
Hesperis ,matronalis ssp. candida
Geranium macrorrhizum
Campanula thyrsoides ssp. thyrsoides

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ACONITUM
NAPELLUS L.


(Fam.Ranuncolaceae)

Volg.Acònito

FIORI: dal blu intenso al violetto in racemo fitto,solitamente semplice, grandi fino a 3 cm con picciolo brevissimo.
PETALI: a tipica forma di elmo i superiori, tenui, ridotti a semplici linguette gli inferiori.
FUSTO: robusto, alto fino a 150 cm.
FOGLIE: palmato-partite fino all’inserimento del picciolo e segmenti dentati al margine, lucide, alterne.
FIORITURA: da giugno a settembre a seconda dell’altitudine.
HABITAT: prati umidi o pascoli ricchi di humus, fino a 2000 m.

NOTE
Pianta assai velenosa, specialmente nei tuberi. Nel passato veniva usata per fare polpette avvelenate per uccidere cani e volpi. Plinio la definiva "l'arsenico vegetale". Alcuni popoli orientali la utilizzavano addirittura per avvelenare le punte delle frecce. Tale velenosità è dovuta all'aconitina, un alcaloide mortale anche in dosi da pochissimi milligrammi. Nel linguaggio dei fiori indica vendetta o amore colpevole.

 Vale altresì sottolineare la presenza di Staphylea pinnata diffusa tra Judrio e Natisone, presente, disgiunta, anche al lago di Doberdò e nei boschi planiziali della bassa friulana.

Un discreto interesse è pure suscitato dagli elementi floristici esistenti nella valle del Rugo Erbezzo in relazione anche alla natura marnosa del substrato.

Dal punto di vista vegetazionale, questa valle, di cui esiste nell'Ambito solo una propaggine, risultando poco accessibile, incassata e sufficientemente protetta da interventi distruttivi, funziona anche come serbatoio e centro di irradiazione di numerose entità vegetali nelle forre scavate nelle rocce marnoso-arenacee, tra cui:

Rosa gallica
Spíraea chamaedryfolia
Trifollium achroleucum
Euonimus verrucosa
Daphne laureola
Campanula thyrsoides ssp. carniolica

Pertanto, l'Ambito di Tutela in oggetto risulta di notevole interesse per le emergenze floristiche e vegetazionali che si trovano concentrate nel settore della Valle di Pradolino, che deve ritenersi di conseguenza e assieme ad altri elementi naturalistici, un sito di primaria importanza in relazione a tutto il territorio regionale.

Per ottenere un’adeguata tutela di questo patrimonio è sufficiente mantenere l'ambiente nel suo attuale uso (boscoso ceduo), favorendo la conservazione delle estese pendici detritiche, senza che vi sia altra penetrazione al di fuori del sentiero di fondovalle, da mantenersi a mulattiera.

Condizioni simili, se pur limitate, si riscontrano nella Valle del Rugo Bodrin. Particolarmente importante sarà, in questi settori, la stretta vigilanza all'applicazione della legge regionale n. 34 del 3 giugno 1981, sulla tutela della flora spontanea prevedendo addirittura l'esclusione della raccolta di qualsiasi specie erbacea ed arbustiva.

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Le dorsali che gravitano sul Natisone, popolate da boschi termofili ceduati, sono rifugio floristico sufficientemente sicuro, data la scarsa accessibilità a quei siti.
 

Aspetti Faunistici

La situazione faunistica appare alquanto ricca di rappresentanti e non compromessa dalla presenza dell'uomo.

L'avifauna presenta alcuni aspetti di grande interesse con la presenza delle popolazioni di rapaci diurni e notturni quali astore, aquila reale, gufo reale. In effetti quei fattori che in altre zone costituiscono le maggiori limitazioni alla diffusione di Accipiteriformi, Falconiformi e Strigiformi, nel territorio considerato mancano o sono riscontrabili in forma ridotta; si fa riferimento in particolare a grosse trasformazioni ambientali, forte disturbo antropico, accumulo e concentrazione di sostanze tossiche lungo le catene alimentari.

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Un altro aspetto peculiare dell'avifauna della zona è il marcato dealpinismo, con presenza di specie che in altre parti dell'arco alpino (soprattutto nelle Alpi occidentali) sono tipiche dell'orizzonte montano superiore o addirittura subalpino: ricordiamo tra i nidificanti il picchio nero, il codirosso spazzacamino e la nocciolaia, il francolino di monte, la coturnice, il rondone maggiore, la cincia mora, la cincia dal ciuffo, il farracino. Estremamente significative anche le presenze, sia pur occasionali, del gallo forcello e del corvo imperiale, nonché le segnalazioni riguardanti la bigiarella e, se pur con riserva, della civetta capobasso. La tutela di tali presenze ornitiche sarà tanto più assicurata, quanto più equilibrati saranno gli interventi sul territorio, assicurando ad esempio nella parte sommitale del Monte Mia la presenza di boschi disetanci, governati almeno in parte in fustaia.

La località di S. Andrea presso Calla, situata su un promontorio proteso sulla Valle del Natisone, è in posizione eccezionalmente privilegiata nei riguardi delle rotte dei migratori per cui l'impianto per l'auspicio ivi costruito ed attualmente in disuso potrebbe eventualmente funzionare solo sotto il diretto controllo e con la presenza di tecnici dell'Osservatorio Faunistico Regionale, esclusivamente per catture a scopo di studio ed inanellamento, in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Biologia della Selvaggina.

Per quanto concerne la fauna a vertebrati terricoli si specifica quanto segue:

a)particolare valore naturalistico viene attribuito ad entità rare sul territorio italiano o ai limiti orientali o occidentali della loro distribuzione areale, come: Vípera a. ammodytes, Erinaceus concolor roumanicus, Mustela putorius, Lutra lutra, Felis silvestris;

b)si tratta di fauna temperato-fredda, le specie che chiaramente indicano questo sono: Lontra (Lutra lutra), Martora (Martes martes), Faina (Martes foina), Donnola (Mustela nivalis), Puzzola (Mistela putoríus), Tasso (Meles meles), Capriolo (Capreolus capreolus), Volpe (Vulpes vulpes), Camoscio (Rupicapra rupicapra), Cervo (Cervus elaphus), Cinghiale (Sus scrofa), Gatto selvatico (Felis silvestris), Lepre (Lepus europaeus), Lepre Bianca (Lepus timidus), Gallo Cedrone (Tetrao urogallus), Gallo forcello o Fagiano di monte (Lyrurus tetríx), Francolino di monte (Bonasa bonasia), Germano reale (Anas platyrhinchos), Aquila reale (Aquila chrysaetos), Gufo reale (Bubo bubo), Gatto selvatico (Felis silvestris), Rana temporaria (Rana temporaria),  Aspide (o Vipera comune) (Vipera aspis),Vipera dal corno (Vipera ammodytes), Lince (Felix lynx), Orso (Ursus arctos), passero (Passer domesticus);

c)le specie aventi maggiore importanza venatoria, in ordine decrescente di importanza sono: Capriolo, Cinghiale, Camoscio, Cervo, Lepre e Lepre variabile.

Per quanto concerne, infine, la fauna ittica si prevede un potenziamento degli interventi di ripopolamento con il temolo ed il sostegno della indigena trota marmorata, mediante immissione di esemplari allo stato di avannotto.

Rammentando che il tratto del Natisone interessato dall'Ambito ricade in "Regime particolare di pesca" risulta evidente che gli interventi normativi e tecnici saranno quelli del regime stesso, tenuto conto della valenza ambientale del tratto. Per altro, la gestione di tali acque, ai fini della tutela e valorizzazione del patrimonio ittico e dell'esercizio della pesca nelle acque interne, è demandata all'Ente Tutela Pesca del Friuli-Venezia Giulia, per effetto della legge regionale 12/5/1971 n. 19.

 

Centro visite situato in località Stupizza in prossimità del fiume Natisone.

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E' il punto di partenza per i sentieri che conducono alla sommità del Monte Mia, alla Valle del Pradolino e al paese di Montefosca. Si tratta di un centro polifunzionale che verra' dotato di ufficio informazioni di una sala per mostre ed esposizioni tematiche relative all' ambito di tutela ambientale e di una sala per riunioni e proiezioni. L'area verde antistante l'edificio è attrezzata.

 

I SENTIERI

All'interno dell'ambito di tutela ambientale B15 numerosi sentieri, facilmente percorribili, permettono di raggiungere tutti i principali punti di interesse paesaggistico e ambientale.

ITINERARI

Stupizza-Pradolino

Oltrepassato il fiume Natisone si imbocca il sentiero sulla destra che dopo poche centinaia di metri si addentra nella Valle del Pradolino. Dopo un'ora circa si raggiunge il cippo bianco che segna il confine con la Slovenia.

Stupizza-Monte Mia

Si percorre il tratto iniziale del sentiero della Valle del Pradolino e dopo circa mezz'ora di cammino si arriva ad un bivio. Qui si imbocca sulla destra la mulattiera del Monte Mia costituita inizialmente da una scalinata di sassi; dopo circa un'ora e mezza si giunge alla malga (970 m. slm). Alla destra della stessa inizia un sentiero che in una decina di minuti, attraverso abetaie, porta ad una suggestiva faggeta; proseguendo oltre, dopo circa mezz'ora di cammino, si può raggiungere la cima del Monte Mia (1237 m. slm) - il sentiero non è ben segnato. Proseguendo invece a sinistra della malga attraverso un suggestivo bosco di faggi, si scende sino al cippo bianco posto al termine della Valle del Pradolino.

Stupizza-Montefosca

Il sentiero ha inizio proprio di fronte al ponte sul fiume Natisone. Si tratta di una vecchia mulattiera che sale ripida a tornanti. Dopo circa 50 minuti di cammino si incontra una cappelletta votiva alla Madonna e dopo ulteriori 20 minuti si giunge a Montefosca dove è possibile sostare presso la locale azienda agrituristica.