IL CAMPO " P.G.57"  A PREMARIACCO

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Fu sito di restrizione ed anche luogo tollerato alla meditazione, dove l'iniziale dispiego di tende - avviato nella primavera del 1941 - presto sostituite dalle baracche (poi rivestite in muratura) vide nelle vesti di "inquilini" militari di nazionalità inglese, neozelandese, australiana ed anche greca, catturati sui Fronti di guerra dell'Africa.

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Attivo fino a pochi giorni prima dell'8 settembre 1943, il "Campo P.G. 57", con la sua chiesetta edificata dai prigionieri secondo l'idea del cappellano del Campo, padre Giovanni Cotta, dopo l'abbandono e la sua riscoperta (negli Anni '90) degli aderenti all'Associazione Nazionale Genieri e Trasmettitori (A.N.G.E.T.) di Udine, è tornato alla "memoria" col riatto (ultimato nel 1996) della struttura muraria, la riproposizione della statua di Sant'Agostino e del Crocefisso con le firme di alcuni prigionieri ad opera dei soci dell'Associazione che l'hanno orgogliosamente battezzata "Chiesetta ANGET".

Al loro lavoro manuale ha fatto eco quello della ricerca storica sulla realtà del luogo e sugli avvenimenti di quel periodo affidata al dr. Natale Zaccuri, docente, giornalista e "angetino" anche lui, che ha realizzato l'opera letteraria riuscendo a corredarla anche di molte immagini fotografiche inedite, consegnando così alla storia un'altra "pagina" significativa di vita vissuta in Friuli.  -  (Natale Zaccuri)

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Le due lapidi poste ai lati della porta d'ingresso della chiesetta.

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AMICIZIE
Tratto da Il Campo "P.G. 57" di Premariacco
di Natale Zaccuri

L'impegno della ricerca di coloro che in qualsiasi modo prestarono servizio o vissero la vicenda del Campo ha portato - nel 1991 - a Douglas Frame, classe 1919, australiano di Castle Hill, "scovato" tramite una famiglia di emigranti friulani, quella dei Giorgiutti. Essi favorirono il contatto col vecchio "amico" di prigionia Amello Cavassi, al tempo tra i guardiani e poi andato a vivere a Medeuzza di San Giovanni al Natisone (Udine).
Fatto prigioniero dal tedeschi, ad El Alamein, nel mese di luglio del '42, Frame fu "ceduto" all'Esercito Italiano a Marsa Matruh e, due mesi dopo, a settembre, condotto al Campo P.G.57.
Aveva da poco compiuto ventitrè anni. Vi rimase per tredici mesi, nel corso dei quali - tra privazioni più o meno ovvie - ebbe modo di accendere sincere amicizie, come ancora oggi vengono confermate sia nel cividalese che altrove. Tali amicizie finirono per interrompersi a causa del suo trasferimento e della permanenza in Germania per circa due anni, prima di poter fare ritorno a casa , in Australia, nel giugno del 1945.
Anni di sacrifici e di momenti tristi, di ansie e di pensieri per gli affetti lontani: anni impossibili da dimenticare!
Ancora qualche anno fa, scrivendo (luglio 1991) all'amico italiano Amello Cavassi, Frame ricordava "i carabinieri che controllavano con i cani lupo e le lampadine tascabili i letti nelle baracche" e quel recinto, il "nostro" recinto, il migliore, "posto sul lato sinistro nel retro del campo, guardando dal cancello d'entrata".
Ricorda anche il nome di qualche ufficiale come il tenente Loski (del proprio recinto) un "buono, aIla mano e piuttosto anziano; il tenente Mussi, che al paragone era invece più severo; il sergente che per le sue sembianze latino-americane era soprannominato Pietro il messicano, il colonnello Calcaterra e padre Cotta, vecchio sacerdote dalla barba bianca, molto sensibile al problemi sia dei prigionieri che degli addetti al Campo".
Benchè la vita degli internati fosse programmata anche nei particolari, c'era sempre qualcuno che usava dare uno scopo alla propria giornata. Documenti rinvenuti in paese evidenziano, ad esempio, l'amore profondo del prigioniero John M. Katz per una ragazza del luogo.
A casa di Maria Braida, invece, viene ancora conservato un acquerello donato al padre da uno dei prigionieri.
Il signor Valentino Tolazzi possiede ancora due componimenti poetici scritti da un prigioniero di origine indiana.
Durante il periodo di permanenza, nel campo non sono mancati i tentativi di evasione, come pure quelli destinati alla riflessioni e alla preghiera quest'ultima, nella progettualità di un preciso luogo di culto.


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Anno 1991: Douglas Frame con Amelio Cavassi sui ruderi di quello che fu il suo alloggio da prigioniero.
 

NEL NOME DELLA FEDE

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Veduta parziale del Campo

Il retro del Crocefisso recante alcune firme dei prigionieri

     L'idea della edificazione di un luogo di preghiera fu del cappellano del Campo, padre Giovanni Cotta, il quale faceva parte dell'Amministrazione militare e che, prima di giungere al "Campo 57" di Premariacco aveva già servito il campo di prigionia di Prato Isarco (Bolzano).
     Egli era già avanti con gli anni, ma a dispetto del dato anagrafico, molto attivo in azione e pensieri, simpaticamente loquace anche quando si esprimeva in inglese.
     Di tanto in tanto gli era anche permesso di svolgere conferenze su temi non militari. Gli argomenti più confacenti sembravano essergli quelli di carattere agricolo e di natura architettonica per i quali nel nostro Paese non mancavano i riferimenti.
     A molti pareva curioso vederlo muovere per il Campo con quel suo viso incorniciato dalla barba bianca a ... cascata sul petto, di bassa statura e dalle forme rotondeggianti. Ad assecondarlo nel progetto della costruzione della cappella furono, in particolare, Father Tom Lynch prete della diocesi di Southampton e capitano dell'esercito inglese e il neozelandese Ambrose Loughnan, divenuto, nel 1951, sacerdote domenicano.
     Tra le presenze al Campo, di tanto in tanto, c'era anche quella dell'allora don Riccardo Travani, della Curia Arcivescovile di Udine, che si esprimeva con sufficienza in inglese e, come tale, molto valido nel dialogo con i prigionieri di lingua anglosassone.
     Di non difficile reperimento era la manodopera. In breve quello che poteva al più sembrare un sogno divenne realtà. Stabilita l'allocazione si passò alle fondamenta che furono gettate all'inizio del '42, grazie alla disponibilità di numerosi volontari soprattutto australiani e neozelandesi, ovviamente di fede cattolica. Il loro impegno, secondo la memoria storica e qualche frammento di notizia scritta pervenuta, veniva premiato con una razione supplementare di pane giornaliero. Per la raccolta delle pietre utili alla edificazione, venivano impiegati, sotto scorta, gruppi costituiti da otto-dieci prigionieri, la zona preferita era quella delle sponde del fiume Natisone.
     Un'esperienza indimenticabile, scrive ancora l'australiano Frame. E sceglie, nel mazzo dei ricordi anche "l'uscita dal Campo, col camion, assieme ad altri sette compagni per andare a raccogliere pietre sul letto di un ruscello non lontano che pare si chiamasse Terano", annota. (Torre, più verosimile) "Lì, la nostra sentinella promise che se avessimo riempito il camion in fretta avrebbe pagato una birra ad ognuno di noi! Detto, fatto. Così finimmo in una vicina osteria, in una delle stanze del retro. Due giovani ragazze, sui diciannove anni, entrarono e ci parlarono, con la sentinella come interprete. Una delle ragazze di nome Violetta mi prese in simpatia e chiese alla sentinella il permesso di farmi visita al Campo la prossima domenica, per portarmi della frutta e dei dolci. La sentinella rispose arrabbiata che era impossibile e così Violetta se ne andò delusa. Ma che bei ricordi!"
Intanto, la struttura muraria continuava a crescere rapida e non trascorse molto tempo per il posizionamento di un crocifisso ligneo, acquistato dal prigionieri con i loro risparmi.
     Secondo un'indagine esperita da Mario Coccolo, appassionato ricercatore di cose storiche del luogo, esso fu scolpito nel laboratorio artigianale "Senoner Holzbildhauer" di Ortisei (del quale sono ora titolari Peppi e Richard Senoner, rispettivamente figlio e nipote dell'autore) e dipinto da Corrado Pitscheider, anch'egli di Ortisei (Bolzano). Dalla fine degli eventi bellici al nostri giorni il Crocifisso ligneo ha trovato sicura dimora nella chiesa parrocchiale di Premariacco.
     Dedicata a "Nostro Signore Gesù Crocefisso", la nuova cappella, tanto desiderata da padre Cotta e dai suoi amici di ventura, vide la sua unica celebrazione eucaristica soltanto una settimana prima che il Campo cominciasse ad essere evacuato dai tedeschi: il 13 settembre 1943.

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Chi è l'ANGET

L'Associazione Nazionale Genieri e Trasmettitori d'Italia è un sodalizio apolitico e senza fini di lucro. Essa si propone di mantenere vivo l'amore per la Patria e di custodire il glorioso patrimonio morale conquistato dall'Arma del Genio e delle Trasmissioni in tempo di guerra e di pace. Esplica attività tese a favorire l'elevazione spirituale e culturale, ad accrescere i sentimenti di fratellanza, di solidarietà morale e materiale dei soci e dei genieri e trasmettitori in armi. Agisce nel campo del Volontariato, cooperando in attività di Protezione Civile. L'associazione è aperta a chiunque abbia prestato, o presti servizio in Unità, Enti del Genio e delle Trasmissioni, o comunque si riconosca nei suoi valori morali e ideali.