Dietro le quinte

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Jê tornade primavere
(Alduti, 26 Aprile 2003)

“Jé tornade primavere
cui soi mîl e mîl odôrs,
dut il mont al mude siere,
duc' a tornin i colôrs”.

Il motivo di questa canzone friulana mi riporta indietro agli anni '50. La cantava “un simpatico vecchietto” (a quei tempi avrà avuto la mia età!!!), che dopo una giornata di lavoro nelle vigne o nelle cantine di Perusini (Rocca Bernarda), rientrando a casa con la sua bicicletta faceva sempre tappa nell’osteria di Fulvio, prima di attraversare il Natisone per recarsi ad Orsaria. Vigj Tonet, con berretto, mantello grigioverde da alpino e guanti di lana, affrontava senza timore i rigori dell’inverno, anche perché protetto dal merlot dei Colli orientali. Alto, magro, con il berretto calato su due occhi piccoli e vivaci, Vigj era un uomo buono come il pane, sempre allegro e sorridente e la sua “più pesante” imprecazione era “porca gjacheta”. Anche se stanco dopo una giornata di lavoro, dopo il primo “quarto di nero”, spesso intonava le strofe della villotta…“Jé tornade primavere, cui soi mîl e mîl odôrs…”.


 Vigj Tonet (a destra) nell'osteria di Fulvio Burello (a sinistra) intorno al 1960

Ma a quei tempi non si cantava solo nell’osteria…

Le giovani cantavano mentre faceva i lavori in casa o si recavano nei campi, intonando gli allegri motivi suonati dall'orchestre Angelini, Fragna, Semprini, ecc... interpretati Nilla Pizzi, Oscar Carboni, Trio Lescano, dal Quartetto Cetra e tanti altri. In quei tempi la musica si diffondeva attraverso i pochissimi “aradio” disponibili nelle case private, o ascoltata attraverso gli altoparlanti delle giostre nella sagre paesane oppure direttamente dalle orchestrine da ballo sui “breârs”. In quasi ogni casa, oltre al libro per assistere alla Messa, era disponibile il "Canzoniere delle Edizioni Campi di Foligno”, che riportava i testi di tutte le canzoni in voga in quel periodo.

Mi sembra di riascoltare le voci giulive delle ragazze che in primavera aprivano le finestre della camere e cantavano mentre facevano le pulizie e rigovernavano accuratamente i letti, senza dimenticarsi di infilare il braccio nelle apposite fessure del materasso riempito di rumorose foglie di granoturco, per smuoverle e rendere “il pajòn” più soffice e confortevole.

Cantavano anche alla vigilia delle grandi feste primaverili, mentre alla fontana pubblica davanti alla chiesetta, con un impasto di farina ed aceto di vino, lucidavano “i cjaldîrs” e tutti i recipienti in rame della cucina. 

Cantavano quando si recavano sul greto del fiume “a resentà” (risciacquare), sotto il peso del “buinç”, un'asta ricurva di legno alle due estremità della quale veniva appeso “il lavadôr” e il cesto con la biancheria appena levata dalla “podine de lisîe”.

Ora non si sente più cantare, non solo perché certi lavori non si fanno più o si fanno più velocemente, ma perché c’è poca gente e quindi pochi giovani. A mia memoria, nelle sei famiglie che vivevano nella mia borgata (ora Via Pasubio) tra ragazzi della mia età e giovani da marito (o da moglie) riesco a ricordarne una trentina. Ora ne conto solo sei… me compreso…!

Quindi, ora si sente cantare poco non perché la gente è più infelice, ma semplicemente perché siamo rimasti in pochi e si canta in modo diverso. Oggi stesso sono rimasto sorpreso ad ascoltare la mia giovane vicina di casa, che mentre puliva l’interno della sua autovettura, ascoltava un CD ed accompagnava il canto come ad una trasmissione karaoke. Più tardi ho avuto la spiegazione a conferma che se uno canta c’è sempre un motivo.

Non è molto importante se piove, se c'è il sole o la bufera… E' importante che ci sia il sereno dentro di noi… insomma, che ci sia una speranza nel cuore…!

Allora sì che viene la voglia di cantare… 

Primavere - Primavera
 
Motivo convertito in formato MIDI da PIVUTE dai "Bìntars"
  
 

Jé tornade primavere
cui soi mîl e mîl odôrs,
dut il mont al mude siere,
duc' a tornin i colôrs.

Ancje tû tu sês tornade,
sisilute ti vuei ben.
Vorès dati une bussade
e tignìti sul miò sen...

Dulà vastu, sisilute?
No sta là lontan lontan:
Fai culì la to cjasute
di stecùz e di pantan.

Reste pûr, reste pojade,
sisilute, su chel len!
Vorès dati une bussade
e tignìti sul miò sen...

E' tornata primavera,
coi suoi mille e mille odori,
tutto il mondo muta cera,
ritornano tutti i colori.

Anche tu sei ritornata,
rondinella ti voglio bene.
Vorrei darti un bacio
e tenerti sul mio seno.

Dove vai o rondinella?
Non andare troppo lontano.
Fa' qui la tua casetta,
di mota e di fuscelli.

Oh! resta appollaiata
rondinella, su quel legno.
Vorrei darti un bacio
e tenerti sul mio seno.

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