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Duomo di Udine, 14 Febbraio 2013

Santa Messa
per le esequie di mons. Redento Bello
cerimonia presieduta da S.E. mons. Andrea Bruno Mazzocato


...preceduta dalla recita del Santo Rosario...

...accompagnata dall'Aquileiensis Chorus con il maestro Savino Pajani all'organo


                   
 CANTI E PREGHIERE INIZIALI


...le letture...

 
...mons. Mazzocato all'omelia...


...liturgia eucaristica...


...flash sulla navata dopo la Comunione...



 PREGHIERA DEL RIBELLE (PER AMORE)

...benedizione al feretro e ai fedeli...


 CANTO DI CHIUSURA

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...e un momento di raccoglimento all'esterno del Duomo
prima della partenza verso il cimitero di San Vito di Fagagna
dove la salma sarà tumulata..

SI È SPENTO A 99 ANNI MONS. REDENTO BELLO
SFUGGÌ PER CASO ALL’ECCIDIO DI PORZÛS
(La Vita Cattolica del 14 Febbraio 2013)

          SARANNO CELEBRATI giovedì 14 febbraio in Cattedrale a Udine, e presieduti dall’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato, i funerali di mons. Redento Bello, una delle figure di spicco del clero friulano, cappellano delle malghe di Porzûs all’epoca dell’eccidio. Partigiano della brigata Osoppo, mons. Bello fu tra i protagonisti del processo di pacificazione fra le diverse anime della Resistenza in Friuli fino allo storico abbraccio, nel 2001, con Giovanni Battista Padoan («Vanni»), commissario politico della divisione Garibaldi-Natisone. Il sacerdote friulano è morto lunedì 11 febbraio, presso la Fraternità sacerdotale, all’età di 99 anni.
          Era il prete più anziano della Diocesi. «Era un patriota vero, che non si nascose dietro la tonaca – sottolinea lo storico presidente dell’Anpi friulana, Federico Vincenti, annunciando che al funerale sarà presente anche una delegazione dell’associazione –. Merita rispetto perché lottò per la libertà. Aveva la forza della gentilezza, e anche quando ci faceva la paternale, chiudeva con un sorriso e un abbraccio». Era una persona «retta, onesta. Era sempre allegro e ottimista – ricorda don Ottorino Burelli, già direttore di “la Vita Cattolica” –. Don Redento sapeva trattare tutti con amabilità». Nato a Silvella, in comune di Fagagna, nel 1913, Redento Bello fu ordinato sacerdote nel 1937. Dopo essere stato cappellano militare in un piccolo ospedale da campo a Caporetto, nell’ottobre 1940 fu assegnato al 31º Reggimento di fanteria e spedito sul fronte albanese; da lì passò in Grecia e poi nell’isola di Creta, dove visse la tragedia di quella terra con la profonda sensibilità di chi si sente fratello di tutti.
          Rientrato in Friuli, don Redento incontrò a Udine don Aldo Moretti, sacerdote che nella Resistenza friulana ha svolto un ruolo di primissimo piano. Fu proprio don Moretti che lo invitò ad unirsi ai giovani che già erano saliti in montagna, che vivevano nei boschi tra Cividale e Gemona, preparandosi a combattere per un mondo più umano, più giusto. Don Redento si trasferì, così, prima a Flaipano, sopra Tarcento, dove ebbe come base per i suoi spostamenti la canonica del paese, poi ritornò in pianura, dove cominciò ad organizzare le prime formazioni partigiane nel territorio di Fagagna. In seguito, diventato ufficialmente cappellano di Carlino, don Bello cominciò a girare la Bassa chiedendo ai parroci nomi di uomini su cui poter fare affidamento. Sabotaggi, prelevamenti di armi, di viveri, raccolta di informazioni, segnalazioni di movimenti di truppe o di persone sospette, nacque così la «Osoppo», in ricordo del paese dove nel 1848 gli italiani avevano resistito strenuamente all’assedio austriaco. Il cappello d’alpino e il fazzoletto verde al collo diventarono la divisa del gruppo. Fu per «miracolo» che don Bello, o meglio don «Candido», come era chiamato in clandestinità, scampò all’eccidio delle malghe sopra Porzûs operato dai partigiani garibaldini, il 7 febbraio 1945. Don «Candido» era sceso in pianura, per ricollegare gruppi di sbandati. Non dimenticò, però, quei ragazzi sacrificati sull’altare dell’ideologia e sempre difese la loro memoria contro i dubbi, le speculazioni imbastite intorno a questa pagina tragica della storia del Friuli.
          Si batté per fare chiarezza su uno degli episodi più oscuri della Resistenza friulana, ma allo stesso tempo seppe riprendersi e ricominciare, scegliendo la via dell’amore e della tolleranza. Mons. Bello fu anche direttore delle Arti Grafiche Friulane e sviluppò l’editoria con particolare attenzione alle pubblicazioni di cultura e di storia friulana. Negli ultimi anni era canonico del Capitolo della Cattedrale.